Amore, prima di partire ho lasciato la casa un pò in disordine, mi perdoni? E' che stavo per perdere il treno... - dice lui.

Ciò vuol dire che torno a casa dopo una dura (?) giornata di lavoro e appena apro la porta mi trovo tra i piedi una bottiglia d'acqua senza tappo. Ah, è quella che lui usa per riempire il ferro. Subito il mio sguardo corre alla presa elettrica: il ferro è staccato, fiuu!
Poggio la borsa sull'asse da stiro, dopo aver spostato fogli vari, scatole di vitamine vuote, un'agendina, qualche penna, qualcosa che sembra una calcolatrice ma sicuramente non lo è.. Capito, è il contenuto del suo zaino. A terra, a fianco al divano, una delle mie borse.
Nel tragitto ingresso-camera (metri 2,5) trovo ancora, nell'ordine: una camicia sulla spalliera del divano, una scarpa solitaria sotto la libreria, sul pavimento la scheda di morte di una vecchietta novantenne mancata a causa di una broncopneumopatia cronico ostruttiva, altre due paia di scarpe vicino alla scarpiera, un secchio pieno d'acqua di fronte alla porta del bagno.
In camera gli armadi hanno le ante spalancate. Me lo immagino mentre tira giù la valigia dal ripiano alto e poi stacca dalle grucce camicie a caso: una parte le ha stirate e portate via con sè, le altre sono sul letto. Tra le lenzuola trovo una ricevuta della lavanderia.

La casa è solo un pò in disordine. Ho tre giorni per rimetterla a nuovo. La deadline è venerdì sera, quando i miei varcheranno la porta di casa. Tre giorni che mi vedranno procrastinare fino all'ultimo questo buon proposito, e dormire sonni disturbati la notte. Non ci riesco mica più a dormire bene da sola.

C'è rumore di risucchio di gelato. Pace. Ogni tanto ci sono questi attimi di quiete estiva qui dentro che sembra quasi siamo qui perchè ci piace. Quasi.
[Quante q in questa frase]

Mi piace Milano a primavera inoltrata. Ha il suo perchè, anche se le manca il mare. Ma forse mi faccio solo condizionare dal sole. Intanto il balcone della signora di fronte alla mia finestra è più fiorito che mai. Ogni tanto la guardo mentre, coi bigodini tra i capelli, dà acqua ai fiori. Poi sparisce di nuovo dietro le tende. Fine del carosello.

La nuova studentessa d'italiano mi dà grandi soddisfazioni. E' qui da un mese, ha 20 anni e quando vuol dire di sì fa ciondolare la testa in un modo particolare, in senso circolare. Quando non capisce quello che P. le spiega mi guarda di sbieco con le sopracciglia aggrottate, in attesa che le faccia una traduzione simultanea in inglese. Cerco di farne il meno possibile, in modo che si sforzi di più. Mi viene da pensare come passi il resto della sua settimana una ragazzina sradicata dal suo paese, che vive con la mamma e una signora anziana, a Milano. Cercherò di capirlo, settimana prossima.

Ora mi è venuta una voglia smodata di culurgiones.

Dipende dai punti di vista.

Un anno è niente, visto che in 12 mesi ancora non ho imparato a dire NO quando serve e continuo a contribuire al loro fare business senza averne interesse. Gli aspetti migliori di questo weekend di lavoro - rinominato anche siamotuttifelicidilavorareingieffcacca sono stati:

- l'open bar del venerdì sera e la barista incazzata perchè facevamo da noi
- il dopo cena di sabato sera, con la fontana di cioccolato, bicchieri di Franciacorta a go-go e manuale estemporaneo dei 10modiperdimettersidagieffcacca
- scegliere il bivio sbagliato perchè abbiamo letto male la cartina topografica, affrontare una salita fangosa sotto il sole cocente e poi dover tornare indietro. E' stato divertente, sì.
- vedere la capa tornare dall'attività outdoor con i mocassini definitivamente rovinati. Perchè lei NON poteva usare delle scarpe da ginnastica per arrampicarsi tra i boschi.
- fare la doccia dopo l'orienteering e prendere il fresco sulla terrazza vista lago.
- il team building: che fanculo al profitto, ma tra noi siamo stati bene

[Per il resto, MAI PIU'.]

Un anno è troppo, quando ti rendi conto che 12 mesi sembrano aver cambiato tutto, senza soluzione di ritorno. Persone, situazioni, sentimenti. Capita. Ma quando succede, quelle volte, me ne rendo conto sempre per ultima. Che stupida.

Nel caso fosse troppo difficile tornare a vivere, un giorno, in una città di mare, mi pongo un obiettivo più semplice.
Ho bisogno di una città che sia attraversata da un fiume grande e che di conseguenza sia rigata da grandi ponti da attraversare e grandi marciapiedi su cui camminare.
Ho bisogno di un posto così, dove si respira davvero.
Ora non dico che voglio andare a vivere a Dresda, che, pure lei, ha queste caratteristiche.
Ho solo avuto l'ennesima conferma che nella mia città ideale questi elementi devono essere presenti.

Poi. A me la Germania piace. Non l'avrei mai detto tempo fa [così come non avrei detto che mi sarei affezionata a Milano]. I tedeschi saranno pure rigidi e impostati e bla bla bla però vivono in gran belle città, sono civili e a loro modo si godono la vita. Già il fatto che la domenica pomeriggio a Dresda i locali siano tuti aperti e la gente beva i cocktail sui divanetti di vimini sotto gli ombrelloni mi ha fatto porre questa domanda: perchè a Milano no?

E poi ai matrimoni per tradizione la prima cosa da fare è il taglio della torta. E abbuffarsi al buffet di dolci. E poi dopo un paio d'ora iniziare a mangiare e bere davvero, con tutte le robine tedesche, i crauti, gli involtini di manzo, le zuppe d'asparagi e la birra buona. Comunque la vera tradizione è il taglio della torta prima di tutto. Sono d'accordo. E la fede la mettono all'anulare destro anzichè al sinistro.

Ieri mattina sono tornata a Milano, e il fatto di avere un giorno di ferie mi ha aiutato a riprendermi dal solito choc post viaggio. Cioè da quella nostalgia per il posto che ho lasciato. Come mi succede quando visito una città con un grande fiume che la attraversa [c'era pure il traghetto che faceva ciuuf ciuuf e chissà perchè quando l'ho visto e sentito ho pensato a Love Boat].