L'ultima volta che sono stata a un Career Day, CV in mano e sorriso speranzoso è stato nel gennaio 2007, a Colmar, Alsazia.
Con la laurea specialistica nuova di zecca, provavo a convincere dei francesi con uno sguardo sardonico ad assumermi nella loro azienda.
Mi ricordo in particolare un tizio della Lidl. Insopportabile.
Ero andata via da lì un pò tremante e molto orgogliosa dei miei primi colloqui di lavoro in francese.

Giovedì invece ho partecipato al mio primo Career Day in campo neutrale.
Non avevo CV da dare, non avevo nessuno da assumere. Ero lì come soggetto terzo, "ente visitatore", c'era scritto sulla lista di iscrizione.
Sorriso d'ordinanza e bigliettini da visita in tasca, ho fatto la fila insieme ai ragazzi d Bologna - loro sì, coi CV e mille speranze da consegnare al banco.
Per una giornata intera ho visto questa fiera del lavoro con occhio esterno, consapevole e smaliziato.

A un certo punto mi è venuta una tristezza infinita. Penso sia stato nel momento in cui in fila davanti a me ho trovato un signore stile padre di famiglia che di certo neolaureato non era. Eppure se ne stava lì in mezzo a 25enni più o meno baldanzosi, con il suo lungo CV e consapevolezze da consegnare al banco. Non era l'unico.
Potrebbe essere stato anche nel momento in cui ho sentito i discorsi di questi ragazzi, che si dicevano cose del tipo "ma tu cosa vuoi fare? ma tu a chi hai consegnato il cv? speriamo che mi chiamino..."

Più di una volta sono stata sul punto di girarmi e dirgli: ossì, che ti chiameranno, se sei stato bravo ti chiameranno. Se hai una laurea col massimo dei voti, un'esperienza all'estero, sai parlare le lingue, ti chiameranno. E sai per cosa? Per un bello stage. 6 mesi (se ti va bene, altrimenti 12) semi gratuiti, immerso al 100% nel clima aziendale, orari flessibili soprattutto in uscita, straordinari non pagati e tanta bella motivazione. Poi magari - se ti sei azzerbinato al punto giusto - ti assumeranno anche. Con un bel contratto a progetto, mille euro di ordinanza, il prossimo scatto di stipendio previsto nel 2015, ti daranno delle mansioni che non ti aspetti, ti chiederanno di vivere per lavorare ricordandoti sempre quanto sei fortunato a lavorare per loro che sono così fighi.

Mi è venuto in mente che quando sei lì in fila non lo puoi proprio immaginare cosa c'è dietro i sorrisi della signorina che mette il tuo CV nella cartelletta gialla. Sono tutti così bravi a vendersi e ad ammaliare con i loro programmi nuovilaureativivogliamoperchèsieteimiglioricosìvispremiamoperbeneacostozero.

Alle cinque, 30 colloqui e 30 bigliettini da visita dopo, sono tornata in stazione. Mi sono seduta per la prima volta dopo 8 ore.
Non è andata maile - mi dico - sono contenta.
Soprattutto di essere uscita dal limbo, per ora.

Vorrei fare una proposta al ministro delle politiche per il lavoro: istituisca lo psicologo aziendale, di default, per tutte le aziende grandi piccole micro e macro.
Come in Grey's Anatomy - che va bè loro sono in ospedale e hanno gran sensi di colpa perchè non riescono a salvare vite, però secondo me servirebbe pure in ufficio, il servizio psicologico. Gratis ovviamente, compreso nel prezzo.
Così mi potrei sedere sul divano rosso di fronte alla psicologa coi capelli rossi e lo sguardo severo e il taccuino in mano e farle delle domande a cui lei saprebbe sicuramente rispondere. O magari mi farebbe trovare la risposta dentro di me.
Senza che sia sbagliata come diceva Quelo.

Le chiederei tipo:
- il fatto che questo mese la mia PMS è stata devastante e ho pianto per tre giorni, è veramente legato solo a una questione ormonale o sto davvero impazzendo?
- la mia insoddisfazione cronica è guaribile?
- quando smetterò di pensare che la colpa è sempre mia?
- e come si annienta il complesso di inferiorità?
- perchè non riesco più a leggere tutto l'Internazionale in una settimana?
- secondo lei dovrei diminuire il mio carico di impegni settimanali post-ufficio?
- ma può essere che, oltre al latte, sono intollerante anche alle macinemulinobianco? no, me lo dica sinceramente anche se sarà un duro colpo
- è normale che il mio sogno ricorrente sia diventato quello di perdere l'anello nei modi più disparati (si spezza, un'onda mi travolge e lo perdo in mare e via dicendo)?
- secondo lei è meglio fare un viaggio lontano col touroperator o self service?
- mi consiglia una buona ricetta con il cavolo verza che non so nemmeno io perchè l'ho comprato e ora giace in frigo da una settimana e la cosa mi fa sentire in colpa?
- secondo lei è una compulsione sana o patologica quella di derubare una libreria?
- visto che sicuramente lei è di parte, non è che mi passa le puntate della sesta serie di Grey's Anatomy, che sono in astinenza?

Mi sentirei molto meglio, se ciò fosse possibile.
Ecco Ministro, mi ascolti.

Candida non c'è più.
Sabato pomeriggio Pino&consorte hanno svuotato accuratamente l'appartamento, separando le cose da dare alla Caritas dalle cose di cui impadronirsi al volo. Pino&consorte sono i classici parenti che vanno a far visita alla zietta quasicentenaria e mentre le urlano nell'orecchio parole di circostanza, con lo sguardo stimano il valore del servizio di piatti nella credenza. Questo è quello che ho sempre pensato sentendo - mio malgrado - le loro conversazioni domenicali con Candida. Ma sabato ho avuto conferma di questi pensieri. Candida infatti non è morta; è stata male e ha perso l'uso della parola, non è più autosufficiente. Quindi non può più stare a casa da sola, come ha sempre fatto, allietando le nostre colazioni con Radio Maria e le nostre serate con Ballandoconlestesse&simili+rumori corporali non meglio identificati. E se pure dovesse riprendersi, casa sua non è più sua: è vuota ormai e ho visto una coppia di giapponesi aggirarsi nel pianerottolo. Due vicini di casa giapponesi!
Comunque dispiace quando una vicina vecchietta rompiballequasicentenaria sparisce così, senza preavviso.
Ultimamente questo pianerottolo riserva quotidiane sorprese.