L'effetto più evidente e duraturo del ritorno dalle vacanze è che stamattina non sono riuscita a chiudere il bottone dei jeans.
E ho dovuto lavorare con i jeans sbottonati perchè se no a star seduta mi mancava il fiato.
Possibile?
Non mi sembrava di aver mangiato così tanto in questi giorni.
Anzi, in questi 9 giorni a Casa non mi sono fermata un attimo e non ho avuto tempo per smangiucchiare come mio solito.
Forse quel mezzo kilo di frutta secca che ho fatto fuori la notte della vigilia...
Va bè, in ogni caso è tutto finito, e devo mettermi a dieta.
Sarà più facile forse avendo una data-obiettivo.

Sono comunque molto saltellante, pur essendo tornata a Milano.
Mi sono persa la super nevicata anche se ne ho comunque patito i primi effetti, e ora posso sconsigliare a chiunque di scegliere Linate come aeroporto in cui passare la notte. Dovrò segnalarlo su sleepinginairports.
Più che un Natale in Sardegna, questi giorni hanno somigliato più a una Pasqua. AMO Casa mia, che riserva queste piacevoli sorprese.
Poi mi fa saltellare il fatto di aver spremuto al meglio questa settimana, e aver fatto tutto tutto, così ora si aprono le danze.
E saltello pure perchè nella Milano deserta si sta bene, e pure in ufficio da sola - che più che un ufficio mi sembra di stare in una cameretta in cui studiare.

Ora saltello fino al forno, che ho sentito il drin e ciò vuol dire che la torta salata di broccoli e acciughe è pronta.

Sono andata via alle 18.35 con un senso di delusione misto a rabbia misto a nostalgia appiccicato addosso. Senza realizzare nemmeno troppo che questa parentesi è chiusa. Forse è questo il mio modo di affrontare il futuro: non realizzare, ma farlo e basta. Fico. Non lo facevo da un sacco di tempo, a pensarci bene.
Invece mi sta succedendo per un sacco di cose, ultimamente, ed è bello non stare sempre a guardare indietro e pensare a cosa avrei potuto fare di diverso.

Quindi ci siamo. Guardo avanti.
Sono un attimo destabilizzata dal cambio dei ritmi, dagli orari diversi, dalla tranquillità che mi infondono le persone con cui lavorerò.

Basta cartellino, basta software delle presenze, basta meeting natalizi, basta terrore del telefono che squilla alle 9.01 per il primo cazziatone della giornata.

Mi è rimasta una parola in gola, che non sono riuscita a dire perchè non ho il carattere per queste cose, e anche davanti ai miei due ultimi cazziatoni gieffecacchiani di ieri non sono venute fuori.

VAFFANCULO.

Di cuore.

L'uomo in cucina con addosso il grembiulino madrileno è bello da vedere.
E' un momento di pausa dai discorsi quasi monotematici degli ultimi giorni.
La Punto Niente ci ha definitivamente lasciati e ne annunciamo la perdita con grande dolore e pure preoccupazione per il futuro. Perchè il difficile ora è trovare, in tempi brevi ma senza prosciugare i nostri continbanca, una degna sostituta.
Robe da uomini, ché a me attirano solo le macchine dai colori vivaci e piccoline.
Ma ai maschi par non piacere tanto quel genere lì.
Quindi offro semplicemente sostegno morale e compartecipazione alla spesa.

D'altronde ho anche io le mie cose a cui pensare.
Tipo che dopodomani è il mio ultimo giorno lì e ho già pulito la scrivania ma sto ancora formulando la mail di saluti che rispetti l'etichetta e i ringraziamenti formali che contemplino i tutti ma non troppi, e ho pure comprato due torte versa&inforna così porto il dolce e lo spumante ma senza spendere cifre folli.
Che, macchina a parte, non è proprio periodo per farlo.

Infatti pensavamo che se avessimo deciso di rimanere beatamente nel Medio Campidano ora saremmo ricchi. Nel senso che magari avremmo una casa con una superificie maggiore di 50 mq e che ci verrebbe a costare il prezzo di una doppia a Milano. Giusto per fare un esempio.
E il sabato sera mangeremmo al Cuevador, o alla Taverna, o scenderemmo a Cagliari a fare un giro in via Manno e bere una birra al Francis Drake.

...ma anche no [Francis Drake a parte, che mi manca un pò]

Quindi abbiamo scelto la strada del poverelli ma a Milanodovecisonotanteopportunità.
Meno male che ci sono i circoli dei sardi.
E spero che stasera si mangino cibi interessanti.

Sono una frana negli arrivederci. Ancora peggio negli addii. Mi commuovo subito, ecco. E mi viene una faccia che si vede lontano un miglio che ho voglia di piangere. Figurarsi quando si è tutti intorno al tavolo della colazione. Mi ingozzo di pane burro nutella, shiaffo tutto dentro la tazza di the – quella rossa con l’alce, che è sempre stata la mia preferita – poi afferro le rondelle di formaggio di capra e in men che non si dica ho finito tutto il rotolo. E sono solo le nove di mattina. Già per il solo fatto di metterci di nuovo piede, Strasburgo mi fa venire l’acquolina in bocca. Non mi stanco mai di mangiare, di assaggiare, spiluccare.

Aggiungiamoci la fame nervosa ed ecco spianata la strada per l’ingrasso pre-natalizio. Sgranocchiamo 3D bacon sul divano, mangiamo crepe uovo formaggio prosciutto, prepariamo quiches di tutti i tipi per il buffet di laurea, facciamo un giro al mercatino dei bredele e assaggiamo tutti i biscottini che ci presentano, entriamo nella pasticceria di fronte alla Cattedrale solo perché ci sono le commesse che offrono dolci a chiunque, beviamo la zuppa di legumi per strada e quando arriviamo a casa scaldiamo la tartine al pesto e formaggio fuso comprata nello chalet dei contadini che arrivano in città per Natale. Mangiamo. Riempiamo i freddi pomeriggi strasburghesi con bicchieri di the e poi succo e martini e poi bicchierino di buona vodka polacca, così sono pronta a sentire per l’ennesima volta l’esposizione delle 40 chart relative ai recenti studi sul cancro alla prostata e alla scoperta di non so quale proteina. Faccio sìssì con la testa, l’unica cosa che capisco sono le animazioni e gli istogrammi colorati, e butto un occhio al cronometro perché tutto questo deve finire in 45 minuti.

Ma continuo a sembrare angosciata e nostalgica. Mi dicono.

Suvvia.

E’ solo un’epoca che finisce. E’ solo un appartamento che viene abbandonato. E’ solo una città che rivedrai da un occhio completamente diverso quando ci ritornerai. E’ solo un punto di riferimento che svanisce. Perché le persone cambiano, si spostano, decidono, abbandonano, si dottorano e cercano lavoro e io in fondo sono proprio la prima ad essere andata via da qui.

Il viaggio in treno dopo il tramonto è pesante, perché non vedo le montagne, il villaggio di Annette, le bandiere della Svizzera che sventolano dagli chalet lungo le rotaie. Però i couchès du soleil alsaziani sono impagabili.

In pratica è già Natale.
A Milano si fa happy hour in locali addobbati.
Le ragazze hanno la gonna corta e la cuffia di lana.
Già si pensa al regalo aziendale del 2009.
Che probabilmente non prenderò, visto che sloggio 3 giorni prima del meeting natalizio.

A me vengono un pochino i brividi.
Ho ancora la sabbia dentro i calzini a righe, e non c'è verso di farla sparire.

Mi dicono "che invidia".
Si, vero.
Però. Insomma, io già lo so che senza TR la mia vita sarà molto diversa, d'ora in poi.
Giusto per fare un esempio.

Oggi sono stata ricevuta per la Exiting Interview, definizione inutilmente anglofona per dire che ho parlato un'ora intera con la tizia risorse umane per spiegarle i motivi per cui ho deciso d'andare via. In un'ora le ho raccontato questi quasi due anni della mia vita. Che debbano aspettare le dimissioni dei dipendenti per essere informati di come vanno le cose ai piani bassi fa un pò ridere, onestamente. Però tant'è.

Ti senti meglio, dopo?
Un pò sì.

Intanto la Punto Niente è gravemente malata e qui in casa siamo in apprensione.
Non ci può abbandonare a Natale, come nei più tristi film invernali.

Continua il mio percorso nel fantastico mondo del giapponese.
Per martedì devo imparare gli ultimi 16 hiragana. Poi verrà il turno dei katakana, che servono per leggere le parole di origine non giapponese. Poi forse verrà anche quello dei kanji, gli ideogrammi di origine cinese.
Sto quindi imparando a leggere, ed è come rivivere un'esperienza ancestrale di cui non ricordavo i sentimenti, visto che fa parte della prima epoca della mia vita. Non ricordavo ad esempio l'immensa soddisfazione che si prova nel leggere correttamente una frase intera. Sarebbe bello anche capire sempre cosa leggo, ma non voglio pretendere troppo da me stessa.

Intanto il mio dirimpettaio sta litigando di nuovo con la sua fidanzata. Urla come un disperato cose come "non ce la faccio più - ma che ho fatto di male" e quando lo incontro in ascensore la mattina mi vengono in mente ste parole e mi fa strano sentirmi rispondere "tutto bene, e tu?".
Comunque non riesco a studiare giapponese con sto casino, in questi casi beata Candida, vicina novantenne, che è sorda come una campana.

Ieri ho fatto shopping produttivo.
Era da giorni che avevo il prurito al bancomat ma non riuscivo a comprare niente di soddisfacente. Finalmente mi sono lasciata andare. E con la mia (ancora per poco) compagna d'isola, ci siamo dette che lo shopping vero, quello fatto bene, viene fuori solo quando c'è aria di cambiamenti concreti.

Ultimamente (dal giorno x) mi sento particolarmente ispirata in cucina.
C'ho questa voglia di cucinare che mi (ci) sta dando grandi soddisfazioni.

Ho iniziato con i porri gratinati.
Poi i tacos messicani.
Poi la quiche di broccoli pecorino semistagionato e mele.
Oggi la zuppa di patate e porri.
E pure il kebab di manzo e pollo che ha il sapore giusto grazie alle spezie comprate a Istanbul.

La più stupefatta fra tutti è mia mamma, che non crede alle sue orecchie e mi scrive: "avevo perso le speranze nelle tue doti culinarie".

Donna di poca fede.

Grigio fuori, neon dentro, grigio davanti.
L'home page del software è grigia. La mia scrivania è grigia. Il telefono è grigio scuro.

Quando porterò via i miei segni distintivi questa postazione sarà poi completamente grigia.
Via il raccoglitore verde evidenziatore di fogli inutili ma che non ho il coraggio di buttare, via il portapenne rosso fuoco a forma di vaso di fiori, via la targa fucsia col mio nome stampato sopra, via i post-it gialli con gli smileys che mi disegna la compagna di isola.

Questo grigio m'invade, insomma. Apro il sito Lonely Planet e mi informo sulle profilassi sanitarie in destinazioni pescate a caso, apro Google Maps, faccio zoom sul lago Titicaca e mi viene la pelle d'oca perchè dal satellite le acque sono veramente nere e io ho notoriamente il terrore delle acque nere e stagnanti.

Squilla un telefono alla fine del corridoio, poi squilla il mio e sobbalzo sulla sedia. Sarà la ventesima volta oggi che mi sento rivolgere le seguenti parole: ma qui c'è il sole, com'è Milano?

Milano è grigia. Come dovrebbe essere?
In pratica funziona che, mentre il calendario indica che siamo in pieno autunno tendente all'inverno, in tutta Italia il sole splende e le temperature si aggirano intorno ai 20° amabili gradi, e a Milano è grigio.
E' grigio, e fa freddo.
E' grigio, fa freddo, e ho già le nocche delle dita rosse e screpolate.
Ne desumo quindi che questa città sia stata eletta come contenitore degli autunni altrui.
Perchè accendere il neon e crogiolarcisi sotto non avrebbe lo stesso senso se fuori splendesse il sole.

Scandalo delle mamme apprensive, preoccupazione dei padri ragionevoli, Giovanna d'Arco delle impiegate indeterminate ma infelici, eccomi alla fine di un'altra giornata che accorcia i tempi della mia dipartita dziefcacchiana.

Un mese e tre giorni, e pure questa fase della mia vita sarà finita. Per la felicità dei molti che non ne potevano più di sentire le mie lamentele, ma a quanto pare con la soddisfazione anche di qualcun altro. Certe cose saltano fuori solo al momento della letterina d'addio, chissà perchè poi.

Eppure è notizia odierna che ai piani alti nessuno si è stupito del mio annuncio.
La frase ce lo aspettavamo mi ha lasciata interdetta. Sapere, dopo quasi due anni di onorato e frastimmato servizio non ben remunerato, che tutti aspettavano solo il momento in cui mi sarei stancata di ricevere niente in cambio del sudore della fronte mi ha fatto sentire...come dire, male.
Contenta tre volte tanto di aver deciso, ma schifata per questa verità. Per questa inerzia, per il loro stare a guardare.

Siamo matricole, mani che si muovono sui tasti, cervelli che devono lavorare a senso unico.
Non persone che si impegnano, che credono di poter dare un contributo, che però si lamentano e infine se ne vanno, con tacita soddisfazione di chi in fondo pensa che siamo pericolose perchè anime pensanti e possibili sovvertitrici dell'ordine aziendale.

Si esprimono gli arrivisti, che dicono mi dispiace e che per prima cosa vogliono accertarsi che nel nuovo lavoro verrò pagata di più.

...

Se sapessero.
Mi bollerebbero come una matta.
Meglio non dir loro che c'è gente che crede che il lavoro può anche piacere per motivi diversi dai soldi, che lascia un lavoro stabile in favore di un progetto entusiasmante e appena nato con le relative insicurezze, che riuscirà (con immenso sforzo, per la verità) a fare a meno di quella che è ormai riconosciuta come la moneta di scambio per eccellenza nel regno ambrosiano - il ticket restaurant.

Li lascio nel loro mondo fatto di bonus-incentivi-premidiproduzione-tantovincoio.
E continuo a cazzeggiare.

E quel giorno arriva.
L'hai sognato per mesi e mesi, con emozione e speranza.
Non è stato facile guardarsi negli occhi cercando di non far trapelare i tuoi sentimenti più profondi.
Eppure, quando il giorno arriva, in un primo momento sembrano prevalere l'ansia e quella vocina che insinua l'ennesimo sei davvero sicura della tua scelta?

Si, lo voglio.
...

Dottoressa, mi spiace dirglielo, ma do le dimissioni.


[Ahhhhhhhhhhhhhhhh, una giornata volata via in un attimo, in un solo, lungo, sospiro di sollievo]

Io ho un problema.

Mi affeziono troppo velocemente ai posti. Mi basta un dettaglio, un bel momento, una persona interessante. E già mi immagino a vivere anche io in quel luogo. Se poi c'è il mare, un numero infinito di pasticcerie, il rito del the alla mela, un'atmosfera da mille e una notte, il libro giusto al momento giusto...

Mi sono innamorata di Istanbul.
Che poi vuol dire molte altre cose.

Ho tre messaggi di posta elettronica da leggere.
Me li sono mandati io dall'ufficio.

Due di questi hanno come oggetto Indirizzi a cui mandare CV.
Vuol dire che si tratta di annunci interessanti ma che richiedono uno sforzo maggiore del semplice "allega cv-invia". Vuol dire che devo finire di scrivere il mio cv in inglese e magari aggiornare anche la lettera di accompagnamento.

L'altro messaggio si chiama Annunci Affitto.
Grazie a dio non sono per me. Mi sto facendo prendere un pò la mano dal mio ruolo di insegnante di italiano, e ora aiuto anche a cercare casa. In cambio ricevo souvenir dal Sud Est Asiatico che finiscono sui ripiani della libreria nuova.

So già che questi messaggi rimarranno in modalità grassetto per tutto il weekend, anche se il buon proposito non è quello. Ho un intero weekend libero, un appartamento tutto per me, ma lo so. So già che NON andrò in palestra, NON imparerò a memoria tutti i 15 hiragana che devo imparare per martedì, NON invierò quel cv importante, NON comprerò l'Imodium per il viaggio in Turchia, NON aggiornerò la Smemoranda.

Non voglio NON VOGLIO diventare una procrastinatrice incallita.
Aiuto.

Tre cose belle di oggi:

- Trovare per strada una lettera d'amore, leggerla insieme e poi lasciarla sotto la luce di un lampione perchè chi l'ha persa possa ritrovarla

- Accarezzare le copertine dei libri e trovare una poltroncina libera in un angolo nascosto della libreria per leggere in santa pace

- La telefonata Francia-Italia

C'è una data, e cade a pennello. Tra qualche mese, due per l'esattezza, qualcosa di nuovo potrebbe accadere ed è bello sperarci. In ogni caso, per non accelerare i tempi, inizierò semplicemente col fare il biglietto in largo anticipo, così becco l'offerta: quest'anno voglio viaggiare di nuovo in treno.

Per questa settimana Rob mi aveva detto le seguenti illuminanti parole:

Cambia password. Prendi una strada diversa per tornare a casa. Fai una domanda che non hai mai fatto. Inventati un nuovo soprannome. Scegli un nuovo numero fortunato. Rendi difficile etichettarti. Assaggia qualcosa che non hai mai mangiato. Scopri perché una delle tue opinioni potrebbe essere sbagliata. Aggiungi un altro gesto al rituale con cui ti prendi cura del tuo corpo. Riscopri una persona al cui fascino sei diventato insensibile. Sorprenditi almeno una volta al giorno.

Caro Rob, l'ho fatto. Ci penso solo ora che rileggo queste parole.

Ho cambiato la password, e pure il rituale con cui mi prendo cura del mio corpo. A pranzo ho mangiato il riso con gli anacardi, che non avevo mai assaggiato.

Mi sono stupita poi di UN SACCO di cose, questa settimana. Ad esempio, giusto per dire l'ultima, sono rimasta veramente impressionata dal costo dei taxi a Milano. Per dieci minuti dieci di auto [di cui cinque in coda al semaforo], 12 euro.

Poi ho fatto un colloquio. E credo di essere riuscita a realizzare il tuo insegnamento "rendi difficile etichettarti". Ai colloqui non dico mai quello che la gente si aspetterebbe da me. Non ti posso dire che la mia passione sono i numeri e le estrazioni di dati se in realtà non è così.

Trovo un senso anche alla frase "Scopri perché una delle tue opinioni potrebbe essere sbagliata". Non lo voglio ammettere a voce tanto alta, ma dopo colloqui come quello di oggi posso rivalutare alcune delle mie opinioni sulla mia vita attuale. Scioccante.

Stavo anche per riscoprire la persona al cui fascino sono diventata insensibile ma poi ho desistito. Rob, non posso mica mettere in pratica tutto quello che dici.

Ma domani è venerdì, quindi bando alle ciance, mi concentro sul nuovo insegnamento di vita:

Nel ventunesimo secolo la saggezza popolare crea ancora delle massime, banali ma utili. Non nascono più nelle taverne o nei mercati come succedeva in passato, ma su internet. Ne ho trovata una che vorrei sottoporre alla tua attenzione: “L’arca di Noè fu costruita da dilettanti, mentre il Titanic fu costruito da professionisti”. Come pensi che questa frase possa applicarsi alla tua vita? Secondo la mia lettura dei presagi astrali, sei in una fase in cui una buona dose d’immaginazione conta più della logica rigorosa, in cui l’entusiasmo dell’innocenza ti porterà più lontano dell’esperienza saccente, e tutto il lavoro che farai sarà pieno dello spirito giocoso che nasce dalla mente di un principiante.

Oggi sono rimasta a casa.
Ho preso un giorno di malattia, con tanti insulti della mia capa che ieri m'ha rimproverato perchè avevo il raffreddore e che se questo è l'effetto delle ferie non mi ci fa più andare e rimango a lavorare in ufficio anzichè prendere freddo fin giro. Al che mi sono un pò inalberata e molto scherzando e ridendo le ho detto che mi avrebbe fatto tanto piacere andare al lavoro anche il weekend, così non ci sarebbe più alcun rischio. Lei è stata zitta un attimo poi ha fatto una risata finta. Mabbacagà.

Comunque stare a casa in una splendida giornata di sole è molto rilassante. Ovviamente ho passato metà giornata nella sala d'attesa del medico per il tanto sospirato certificato. Questa cosa che, se uno sta male anche un solo misero giorno, deve portare il certificato in ufficio non mi trova d'accordo. Io sto male e voglio stare a casa per non peggiorare però devo comunque uscire per stare in mezzo a vecchietti tossichianti.

La vita fuori dal neon sembra comunque piacevole, soprattutto quando c'è il sole. E' quello che ho sempre pensato quando, tra i sette e i dieci anni, mangiavo il panino durante la ricreazione e intanto, affacciata alla finestra, guardavo passare le signore che portavano la spesa. Con il mio grembiulino blu dal secondo piano della scuola commiseravo la mia condizione di bambina imprigionata tra le mura del sapere. Ora per fortuna che quando sto sotto al neon non posso stare alla finestra a guardare la vita fuori, però comunque me la posso immaginare.

Tutto questo star male è dovuto, lo so, al weekend di bagordi nell'Isola [e ai frastimmi della capa]. Un addio al nubilato in gran stile, con tutti gli accessori del caso, la città ai nostri piedi e il ritorno in 131 al sorgere del sole. Un matrimonio con tutti i crismi, che di tradizioni non se ne sono fatte scappare manco una tra piatti archetti floreali barattoli attaccati alla macchina pranzo lungo un giorno animazione giarrettiere strappate coi denti danze sfrenate e lanci di bouquet.
A proposito, il destino mi stava venendo incontro sotto forma di bouquet, già stavo cercando una via di fuga, quando una leggiadra fanciulla davanti a me si è alzata in volo e m'ha privato della sensazione di ricevere una mazzo di fiori sul naso. Sono stata contenta, la ruba mazzetti continuava a saltare ed esultare...come negarle questa gioia? Le mie amiche invece volevano sporgere ricorso a mio favore. Che premurose.

Ho come al solito tanti pensieri per la testa, mezze litigate che i miei amano chiamare "discussioni" e amore sfrenato per ciò che lascio e che ogni volta rimpiango di lasciare.
Per esempio, ma quanto è figo mio fratello quando gioca a basket? Ecco, se fossì là anzichè qua, farei la groupie e seguirei tutte le sue partite di campionato. I ragazzi che giocano a basket, ah.
E infatti.

"Cosa desidero veramente?". È una domanda che dovresti farti sempre, ma soprattutto nel 2009. Sei abbastanza coraggioso da lasciarti alle spalle gli status symbol a cui il tuo ego è tanto affezionato e le voglie passeggere che fluttuano nella tua mente? Se pensi di sì, preparati a stabilire un collegamento più stretto con i tuoi desideri profondi. E, quando sarai quotidianamente in contatto con quegli stimoli primari, gli ostacoli della vita ti sembreranno meno insormontabili, smetterai di raccontarti bugie e sarai sempre in grado di intuire quale dovrà essere la tua prossima mossa. Non è detto che la tua vita diventerà più facile, ma sarà certamente più magica.

Fonte: Internazionale del primo dell'anno

[Posso dichiarare il mio amore a quest'uomo, che dice le cose come se stesse parlando proprio con ME?]

Tra due settimane la mia compagna di banco del liceo si sposa.
Una frase che racchiude mille considerazioni.
Comunque stiamo organizzando l'addio al celibato.
Volente o nolente mi sono ritrovata in mezzo all'organizzazione, anche se avrei preferito festeggiare e basta.

Ora, badando al lato veniale della cosa.
Questo è il 5° (QUINTO) matrimonio a cui sono stata invitata quest'anno.
Mi viene dunque un pochetto difficile considerarlo come l'evento dell'anno.

Cara amica che ti sposi, sono tanto contenta per te.
Spero davvero che il tuo sia un matrimonio felice.
E sono contenta che mi abbia invitato per festeggiare con te questo giorno.
Però è la QUINTA volta che festeggio, quest'anno.
E se pure ogni matrimonio è diverso e unico, per me quello che non cambia è il fatto che i matrimoni costano anche a chi è invitato.
Soprattutto se vuoi che ti organizzino la festa speciale di addio al nubilato di cui fingerai di non sapere nulla, quella in cui c'è la cena, i regali, frizzi, lazzi e sticazzi.
Soprattutto se scrivi con non chalance nelle partecipazioni che regalo non ne volete e il regalo più bello siamo noi, però per sicurezza ci lasci il tuo numero di IBAN/Poste Pay.
Soprattutto se ti sposi i primi di ottobre, e l'ultimo vestito per un matrimonio l'ho comprato a luglio e pur di non comprarne un altro ho deciso che mi vestirò di nuovo così anche se c'è la possibilità che mi si ghiaccino le gambe.
Soprattutto perchè visto l'abito di cui sopra dovrò aspettare ancora due settimane per fare la ceretta completa gambe cosce ascelle e pure inguine (massì), che non posso avere anche il problema della ricrescita, il giorno del tuo matrimonio.
Soprattutto perchè mi arrivano mailss da invitati sconosciuti che, invocando la tradizione sarda del regalo di nozze (eh?), mi dicono che il giorno del tuo matrimonio dovrei mettere in una busta l'equivalente del pranzo che mi stai invitando + (PIU') una quota per pagarti il viaggio di nozze.

Cara amica, hai presente?

Per me il tuo matrimonio rischia di diventare un grosso investimento (a rendimento zero): non capisco perchè non esista una voce MATRIMONI DEGLI AMICI deducibile dalla dichiarazione dei redditi.

Hey. Could we do that again? I know we haven't met, but I don't want to be an ant. You know? I mean, it's like we go through life with our antennas bouncing off one another, continously on ant autopilot, with nothing really human required of us. Stop. Go. Walk here. Drive there. All action basically for survival. All communication simply to keep this ant colony buzzing along in an efficient, polite manner. "Here's your change." "Paper or plastic?' "Credit or debit?" "You want ketchup with that?" I don't want a straw. I want real human moments. I want to see you. I want you to see me. I don't want to give that up. I don't want to be ant, you know?

Sanity is a madness put to good uses; waking life is a dream controlled.

[ho sognato un racconto stanotte, scritto da me. l'ho letto a voce alta, in sogno, e quando ho aperto gli occhi ce l'avevo ancora in testa. poi è sparito, travolto dalla realtà.]

Per le persone che fumano e lasciano le pagliette di tabacco sulla tovaglia
Per le persone che si vantano di andare in ufficio il sabato, nascondendosi dietro un tono da vittima
Per le persone che si raggruppano a chiacchierare sul marciapiede e tu rischi di morire se solo esci dalla riga pedonale
Per le persone passive, che fanno UNA cosa al giorno, che non si sbattono manco morte per arrivare ad un semplice ma fondamentale obiettivo
Per il mio ostello della gioventù, che non rende un fico secco ma che mi ha veramente stancato
Per il divano letto aperto in "soggiorno" da due settimane, con le briciole sulle lenzuola e jeans e camicie sparpagliate dappertutto
Per la quantità immane di cibo che finisce nella nostra spazzatura ogni giorno
Per il pavimento della cucina, che non si può guardare
Per chi cammina dentro casa con le scarpe e soprattutto sul tappetino davanti alla vasca da bagno
Per i medici che hanno un congresso/giro in reparto/guardia ogni weekend
Per i miei capelli, che dovrei tagliare
Per i sei piani di scale a piedi, che mettono a dura prova il sistema di pompaggio del mio cuore e che non mi sembra stiano dando nemmeno alcun beneficio in termini di rassodamento gluteo
Per il mio guardaroba che non è pronto ad affrontare un altro inverno
Per me che non ho mai voglia di cucinare ne di fare la buona casalinga
Per me che penso ogni santo giorno di dare le dimissioni
Per me che non riesco a capire, tra le mille idee confuse, che svolta dare a questi giorni qui
Per me che guardo le vetrine ma non compro
Per me che mi faccio venire la nausea a furia di leggere
Per me che ho i conati di vomito ogni mattina
Per me.

Piove. Inverno. Giubbotto.
Così mi si scombina il bioritmo. L'autunno porta con sè il sonno perenne, la caduta dei capelli, il nervoso mattutino perchè non c'è il sole in cielo. In autunno ci sono anche cose molto belle, come le foglie rosse che cadono, l'asfalto bagnato su cui mi specchio da sotto l'ombrello rosso, il mio cappottino rosso. Però il mio bioritmo esige che tutto questo meccanismo si inneschi almeno almeno in ottobre, dai. Perchè il meccanismo implica anche il mettere in pratica i buoni propositi di fine estate e affrontare le paranoie e cose così. In genere tutto questo tran tran di cose ti trascina talmente tanto nel vortice del tempo che manco te ne accorgi ed è Natale [poi vabbè guardi il calendario e ti rendi conto che è il 15 di ottobre, è solo che i negozi hanno anticipato ancora gli addobbi alle vetrine]. In ogni caso il 16 settembre, come data ultima per dire addio alla manica corta, non la accetto. Che sia passeggero, dunque, mi auguro.

Questa merdosetta giornata di pioggia e neon e mal di testa è stata comunque allietata da grasse risate pomeridiane alla vista del cappello da Crocodile Dundee della capa, che, ormai tornata dall'Australia, evidentemente non si sente ancora pronta ad abbandonare l'aussie che si nasconde in lei. La cosa buona di questo lavoro - ecco, sorpresa, non mi lamenterò oggi - è che con le mie colleghe mettiamo su delle gag di cui possiamo ridere per ore. Ci invidiano un pochetto, a noi tre dell'internazionale, perchè nonostante la cacca che ci cade addosso ogni giorno riusciamo a ridere fino alle lacrime. Comunque la capa con un cappello a zanzariera starebbe sinceramente bene.

Oh, altra notizia allietante della giornata è che mi hanno preso per il corso di giapponese!
Non ci speravo. Tornerò letteralmente sui banchi di scuola, avrò una maestra, un libro tutto in giapponese e dovrò imparare a scrivere. Sarà molto emozionante, un simil-ritorno alla prima elementare, solo che stavolta non saprò nè leggere nè scrivere. Magari riempirò un quaderno intero di stanghette. Sono pronta.

Ho i piedi distrutti dall'ennesimo paio di scarpe sbagliate [ e stavolta erano normali scarpe da tennis ]

Ho tutti i muscoli indolenziti e il dottore per prendermi in giro mi ha diagnosticato la miastenia, solo che potrei anche crederci

Le polacche sono andate via ieri mattina alle cinque si sono svegliate alle quattro si sono asciugate i capelli col phon per mezz'ora

Da ieri sera a questo pomeriggio ho accumulato qualcosa come 15 ore di dormita

Stamattina siamo andati a Pavia poi a Tortona e abbiamo comprato una libreria nuova che riempirò io però

Stasera andiamo a ballare all'aperto anche se mi sa che piove

Ho mangiato una seada per merenda e ora sbranerei un bue

Il fatto è che mi rimetterei volentieri a letto.

Oh finalmente una giornata grigia e freddina tipicamente milanese, di quelle in cui non riesci ad alzarti perchè fuori è quasi buio e dimentichi la giacca a casa quindi vai al lavoro con la pelle d'oca. Davvero ne sentivamo il bisogno.

Nel mio colorato appartamentino al sesto piano (ora senza ascensore per tutto il mese) il soggiorno si è nuovamente tramutato in ostello della gioventù. Al momento è infatti occupato da tre polacche, che siamo andati a prelevare in stazione ieri notte. Ora, loro sono amiche e il servizio è gratuito, ma vai a sapere, potrei sfruttare monetariamente il confortevole soggiorno che creativamente nasconde 3 posti letto. Un couchsourfing very low cost.

C'ho un pò di confusione linguistica, mi sento provata dall'alternanza francese-inglese, il che m'ha gettato nello sconforto. Che mi si stia esaurendo l'elasticità mentale? Ne sarei completamente affranta. Ma io lo so di chi è la colpa per questo mio addormentamento mentale. A far la market analyst non ci si guadagna.

Altro che corso di giapponese, dovevo cercare quello di training autogeno.
Lo so che domani mi servirà un sacchetto di carta dentro cui soffiare perchè non riuscirò a reggere lo scompenso dovuto al ritorno della capa.

La cosa buffa è che probabilmente manco mi prendono al corso di giapponese. Fanno una selezione in base ai requisiti, roba in cui notoriamente fallisco da sempre. Stavolta non sono disoccupata, non sono studente, ho come unica motivazione la cultura personale.

Insomma, non sto al passo coi tempi.
Fatemi scendere, che mi viene da vomitare.

Hanno trasferito il consolato ucraino davanti a cui passavo ogni giorno per andare a lavoro.
Sembrerà una bazzeccola, ma oh, per me era un punto di riferimento.
Più che altro perchè mi piaceva osservare la folla umana che si accalcava davanti ai cancelli prima dell'apertura. Non ho mai capito come facessero a rispettare l'ordine d'arrivo, visto che la gente arrivava da ogni angolo. I primi si stringevano contro il cancello, per non perdere il posto, gli altri rimanevano contro il muro a chiacchierare, fumare, far giocare i bambini. Una mini popolazione ucraina che impediva la circolazione di auto e pedoni. Il mercoledì, giorno di chiusura, faceva strano passare per quel pezzo di strada insolitamente deserto. Insomma, per una come me che non può fare a meno di sbattere contro pali della luce/persone/fontanelle pubbliche perchè distratta a guardare chissàchè lungo la strada, questo trasferimento del consolato mette fine a uno dei miei spunti d'osservazione mattutini. Peccato.

Ci berrò su stasera. Anche perchè ho appena ricevuto una telefonata dalla capa proveniente dall'altra parte del mondo e il latte mi si è girato nello stomaco. Ho bisogno di una pausa.

Ah, il lunedì.

Anche in quest'ultimo giorno d'agosto - mese in cui non ho comprato l'abbonamento ai mezzi pubblici - sono venuta a lavoro a piedi. Ho sudato a ritmo sostenuto (perchè devo pur sempre arrivare entro le nove), ma per la prima volta insieme alla vicinadicasa. Come se non avessimo passato abbastanza tempo insieme pure ieri (le dovevo far vedere Tutta la vita davanti). Niente massimi sistemi, solo conversazioni terra terra che poi tanto a terra non stanno e che io non capisco. Il succo del discorso è che c'è tanta popolazione femminile che si rovina la vita condividendo il suo tempo con esseri non degni d'attenzione o con poveracci ingenui che vogliono accasarsi e metterebbero la mano sul fuoco sulla devozione-purezza-castità della loro beneamata. Il fatto è che poi si accasano davvero.

Bah.

Poi. Ieri abbiamo mangiato le seadas. Ne sono avanzate quattro e voglio evitare che muoiano nel mio frigo maledetto. Però non ho voglia di invitare gente a cena. Sono ancora in vacanza, non me la sento. Quindi credo che le friggerò e, posizionata strategicamente di fronte all'ascensore, le venderò a qualche inquilino milanese che non avendone mai vista una sarà disposto a pagarmela, diciamo, sui 4 euro.

Poi. Oggi primo giorno di scuola! Stasera riaprirò i battenti della scuola di italiano. Credo ci sarà soltanto la mia affezionata studentessa cingalese e, se si ricorda, il ragazzo indiano che era venuto all'ultima lezione. Sono però afflitta dal dubbio: di cosa parlerò oggi? Non mi pare il caso di usare il trito e ritrito argomento vacanze, anche perchè credo proprio che i miei studenti non siano esattamente dei vacanzieri. Si accettano consigli.

Oggi all'ora di pranzo il mio paese era sul tg2.
Hanno fatto vedere il negozio di Gesuino, quello dove chi viene trovato rubando gli verranno chiamati i carabinieri. E la piazza con i vecchietti che prendono il fresco. E il MVNICIPIO. I monti mezzi bruciacchiati. Ho scoperto che non c'è il sole e che aveva ragione mia mamma, che fa caldo ma è nuvoloso.

Comunque il fulcro del servizio in tv era che il mio è il paese più povero d'Italia, secondo una recente ricerca.

...

Come no.
Tutti molto poveri. Anzi, c'è proprio la gara a chi riesce a scendere più sotto la soglia di povertà. Perchè così viene meglio comprarsi il suv, avere la casa al mare, mandare i figli alla casa dello studente con annessa la mensa gratis. E tante altre belle cose.

Gratificante quando lavori (scazzatamente pure) per quell'oretta, poi il software decide che è ora della pennica e si spegne senza salvare nessuna modifica fatta.

Vabè. Ho fatto sogni intensi stanotte. Vorrò dirmi qualcosa?

Nel primo sono in una specie di casa di campagna, con altre persone che si rivelano essere compagni di classe del liceo riuniti per l'esame di maturità. C'è la prova di matematica e mi si chiede di calcolare equazioni di non so che: guardo il foglio e con tutta la calma del mondo mi dico che io sto al classico e certe cose non le so fare. Lascio in bianco.

Nel secondo sogno mi ritrovo con due tatuaggi che partono dal sotto tallone e salgono lungo le caviglie: è una specie di edera o comunque un motivo floreale. Lo guardo e dico "cacchio, mi sa che non lo volevo davvero, sto tatuaggio, emmò?".

Nel terzo sogno il capetto mi dice che c'è un lavoro veloce ma urgentissimo e importante da fare. Io lo guardo e mi dico "Lo faccio in un attimo, è facilissimo" e lo mando al cliente nel giro di pochi secondi. Poi lo vedo tornare con una faccia da funerale e mi dice "Era completamente sbagliato, abbiamo perso la faccia".

C'avrò qualcosa da dirmi?

Il software non m'aiuta, mica strano.
Ovviamente succede sempre quando ho un sacco di cose da fare.
E' lunedì.

Ho il chiuso il weekend con un pianto catartico. Di quelli buoni quindi.
In pratica ho visto "Tutta la vita davanti" e mi sono (più che) commossa.
Potrei dire che mi sono immedesimata nella protagonista (isolana trapiantata in continente) che deve lavorare in un mondo che non le appartiene. Che si trova a fare qualcosa che non le interessa per niente. Che osserva con il dovuto distacco perchè sa di trovarsi in una situazione temporanea. Che pian piano si rende conto di quanto tutto ciò che la circonda faccia schifo, e sia solo facciata, arrivismo, solitudine. Ma non so se è solo per tutto questo che m'è venuto tanto da piangere.

Detta così comunque sembra il film più tragico del mondo; in realtà secondo me è proprio bello.

L'altra cosa catartica del weekend è che ho ricevuto un regalo.
E non mi vengono in mente altre parole.

SMS n°1 - h. 11:21
Se vuoi ti chiamo per farti sentire lo sciacquio delle onde. Ciao, Pà.

SMS n°2 - h. 12:17
L'acqua è cristallina e ci sono miriadi di pesciolini che ti seguono fino alla riva. Ciao, Mà.

Cosa devo fare io con questi due perfidi?
Se ne stanno beatamente in spiaggia.
Già sento la brezzolina che scompiglia leggera i capelli, il leggero andirivieni delle onde, l'albero di un veliero che si staglia in lontananza.

[Scuoti la testa e scaccia gli illusori pensieri. Sei di nuovo sotto il neon, l'aria condizionata rovina l'abbronzatura, e l'unica cosa che hai da fare risponde alla seguente successione di comandi:

modify [attesa di 5/10 minuti d'orologio perchè il sever è lento] - bimonthly period - current year to date - ok

moltiplicato mille mila volte per otto ore.]

Che mondo è questo?

Mi sta venendo il nervoso e stringo la lingua tra i denti come quando ero piccola, il che era segno di scoppio di pianto isterico imminente. Ora succede raramente, ma CRIBBIO!

Il nuovo anno, nel 2009, comincia oggi, 17 Agosto.
Molto soft. Milano deserta. In ufficio siamo in 4. Finalmente il silenzio.

Grandi riflessioni durante le vacanze.

Su quanto mi piace stare con i vecchi amici, quelli che non ti deludono perchè con loro è sempre come avere 16 anni [ a parte nuovi interessanti discorsi].

Su quanto pesce riesco a mangiare in una sola sera e su quanto sono forte rispetto a certi maschi: sono stata l'ultima ad arrendersi di fronte al menu all inclusive, con leccata di dita finale.

Su quanto mi piace guardare le serie televisive su Sky la notte; e meno male che qui non guardo la tv.

Su quante volte riesco a festeggiare il mio compleanno, e poi quello di Robi, in un lungo giorno di 72 ore.

Sul corso di lingua che inizierò a settembre. Vada per l'Oriente, fanculo all'utilità.

Su quanto mi sento pronta ad affrontare le novità. Ce ne saranno, oh sì.

Che sia un buon anno!

Silenzio.
Fate silenzio, per favore.
E' difficile essere esauditi in questo desiderio quando si sta sotto al neon con altre 9 persone e una che urla nell'ufficio a fianco.
Dio fa che non squilli il telefono.

Il 3 della mattina è cambiato: preferisco quello arancione, più stabile, rispetto a questo verde che ci sballonzola tutti come ceci in un sacco troppo largo. Swoosh - Swoosh, mi sembra di sentire a ogni curva. Cerco di evitare il pensiero della nausea che sale.

L'ingresso nell'open space porta con se il solito violento sbalzo termico, e le prime battute della mattina puntano sull'annosa questione spegniamo il condizionatore che si gela VS no ma qui si muore di caldo. Sempre le stesse cose, miodio, mi viene già da piangere per il nervoso.

Il ritiro vis à vis nella saletta del caffè non serve a nulla se non a farci realizzare per la centomilionesima volta che non siamo felici. Che siamo nel posto sbagliato. Che le pastoie della consuetudine sono stradifficili da eliminare. Che non abbiamo le idee chiare. Che così non va.

Mancano tre giorni alle vacanze. L'anno scorso il tragitto Milano-Genova era stato un lentissimo e torturante scioglimento della tensione, dei pensieri legati a questo openspace. Quest'anno non me ne frega niente. Cambierò mood molto in fretta. Già mi riconosco di più così.

Il problema è che poi si torna.

oh divinità dei motori di ricerca di lavoro on line, fa che compaia l'annuncio giusto

Non so se è colpa mia o di Milano.
Credo di entrambi.
Anzi, al 51 % mia.

In tutte le cose, TUTTE. Ci vorrebbe un pò più di sincerità.

C'ho l'ansia [che strano, eh].
Una serie di fatti più o meno importanti mi aggroviglia i pensieri.
Ma molto. L'effetto finale è l'ansia, ovviamente.

Ricevo mail spiacevoli da persone ricomparse dal nulla e di cui posso fare volentieri a meno.
La confusione totale regna se penso a cosa voglio fare del mio tempo futuro.
Vado in giro e qualsiasi posto nuovo veda, mi immagino che sarebbe proprio bello viverci.
Non posso mica andare avanti così.

Ma l'antidoto a questa insoddisfazione permanente?

Non riesco a disfare subito le valigie, quando torno. E' ancora lì, in un angolo.

Capisci che stai perfettamente in un posto quando certi aspetti della tua vita fuori da lì sembrano inesistenti. Inesistente Milano, inesistenti i problemi di lavoro, inesistente tutto, fuorchè Casa.

E se stare a casa coi miei potrebbe, a lungo andare, sviluppare motivi di irritazione, è il DOVE che conta. I tornanti tra i monti dell'Arburese che sfociano finalmente sul mare, la sabbia fine di Portixeddu, l'aria pulita che respiro mentre leggo un libro in giardino, le vecchie vie del centro mentre vado a trovare mia nonna, gli amici di sempre che ti vengono a prendere sotto casa. Tante cose cambiano ma mantengono il loro gusto di sempre.

Non c'è soluzione al momento.

Ma è sempre così?
Per favore, qualcuno mi dica, è sempre così??
Ma che senso ha tutto questo? pensavo questo pomeriggio salendo al quarto piano. Mi faccio certi discorsi degni di un Cicerone, quando vado da un piano all'altro. Se avessi il coraggio di ripeterli a voce alta sarei la paladina gieffecacchiana che nessuno ha mai avuto il coraggio di invocare.

Giornate di livore come queste sono letteralmente INUTILI.
Ma fottetevi, voi, i vostri ferri da stiro, le ore di straordinario non pagate, la maleducazione gratuita, l'umiliazione come stile di leadership. Fottetevi.

Domani sera ho un volo per la Sardegna.
Sia mai che decido di scomparirci per un pò.

[dico sempre così, sono proprio inutile anche io]

[[però almeno un giorno di ferie l'ho chiesto]]

[[[e la tizia a cui è piaciuto il mio CV ieri non mi ha richiamato]]]

[[[[perchè?]]]]

Mi serve un sacchetto di carta dentro cui respirare, come nei film.
Il diluvio universale si è abbattuto su Milano stanotte. Sono rimasta mezz'ora sotto un portone ad aspettare un 3 invisibile. Perchè quando il maltempo imperversa sulla città i mezzi pubblici saltano: mi sembra scontato che accada in quella che si vanta di essere la metropoli ospite dell'Expo. Devio quindi sulla linea della 90 per raggiungere la metro. Effluvi di pioggia in evaporazione mista a gas di origine umana allietano il tragitto. La metro vomita gente sulla banchina, e finalmente vomita me a Cadorna. Mezz'ora di ritardo, ho recuperato in corner. E ho un paio di scarpe di ricambio in borsa.
Non faccio in tempo a sedermi che squilla il telefono, e squilla squilla squilla. Dall'altra parte sempre lei. Sto iniziando a perdere la calma. Intanto sono già le 11 e mio fratello a quest'ora sarà di fronte alla commissione d'esame. Ieri sera volevo scrivere un post da notte prima degli esami ma mi sono persa.

E' uscito il sole. Speriamo sia un buon segno.

Le domeniche d'ozio stanno diventanto un piacevole rito estivo. Il programma prevede svegliarsi con calma e pensare al massimo a quante macine inzuppare nel caffellatte. Poi si torna a letto, dopo aver spalancato le finestre. Quindi con il sole e gli uccellini che cinguettano su alberi invisibili si può scegliere se allungare la mano per prendere il libro sul comodino, oppure stare sdraiati a cantare a squarciagola hits degli anni '90. Il pranzo è un optional, ma conviene farlo, così si può uscire presto. Poi si imposta Thomas e gli si dice pòrtaci in un parco e lui ci accontenta. E' ora di squagliarsi per qualche ora al sole, leggendo Murakami e tirando giù ogni tanto il bordo della gonna, che deve essere mini per evitare abbronzature muratoriali ma insomma, manco esagerando. Ogni tanto bisogna guardare in cagnesco ragazzetti che si credono a San Siro, dando botte a un pallone a mezzo metro dalla mia faccia. Se proprio non capiscono, una frase pungente con spiccata cadenza cagliaritana li farà sicuramente desistere. Oh. Dopo un paio d'ore tornare a casa, infilarsi in doccia e stare avvolta nell'accappatoio con cappuccio annesso, senza voglia di asciugarsi i capelli. Sentire piano piano la pressione che si abbassa, non farsi prendere dal panico me assecondare la sensazione. Distogliere ogni tanto gli occhi dallo schermo che è troppo grande e bianco. Cercare nella testa idee per scrivere un nuovo posto sulla Guida Supereva, senza risultati. Il pensiero dominante è stasera cucina belga, moules frites et bière. Basta poco per farmi felice.

Ogni mattina prima di uscire leggo il Corriere on linee mi soffermo sulla rubrica Italians.
Quando leggo Italians mi viene voglia di diventare un Italian.
Cioè Italiana fuori dall'Italia.
Scambio di battute ieri con mio papà:

P - Se vincessi all'Enalotto in ogni caso continuerei a lavorare
A- Ma sei matto?
P - Perchè, tu?
A - Se avessi abbastanza soldi per farlo, il mio lavoro sarebbe viaggiare. E basta.

Lui ha un lavoro che gli piace e ci mette l'anima per farlo bene.
Mio padre è nel top della classifica per le persone che stimo di più al mondo.
Giusto per capirci. E ho preso troppo da lui. Ecco perchè ora mi sento così.

Voglio imparare il cinese.

Cosa c'è di più deludente che essere in Feltrinelli, girare girare e comprare libri scontati, godendosi un giro notturno tra gli scaffali, e poi alla cassa accorgersi che TUTTI i punti nella carta fedeltà sono ESTINTI?

Mi sono dimenticata di fare l'acquisto riparatore di Aprile per salvare i punti.
Dev'essere la punizione della divinità che governa il mondo Feltrinelli per aver frequentato troppo il Libraccio e le bancarelle di libri usati.

Mannaggia.

Oggi è stata una di quelle giornate in cui meno mi si rivolge la parola, meglio è. Se mi devi pure cazziare poi, guarda, ancora un pò e mi si rivoltano le budella. Per capirci, è stata una di quelle giornate in cui a un certo punto mi vedo dall'esterno. C'ho questi sdoppiamenti di personalità, ogni tanto. Mi vedo dall'esterno, con la mia camicetta e i capelli raccolti e il mascara allungante e la schiena piegata in avanti col naso che tocca lo schermo perchè è già arrivato il momento in cui i miei occhi sono stanchi di mettere a fuoco. Mi guardo così e mi dico: ma che cazzo stai facendo? ma su quali grossi concetti stai ragionando? ma quante cose troveresti di meglio da fare in queste nove ore?
E infatti dev'essere che il mio io seduto di fronte al pc ascolta quello che le sta sopra la spalla, e si mette a guardare altro invece che i grafici di DWH. Trova ad esempio un interessante blog di certa ragazzetta di una non precisata regione del nord Italia che prende il suo zaino e se ne va un anno in Australia. Di fronte a cotanta letteratura, i due io iniziano a parlare seriamente tra loro. Il discorso, sinteticamente, verte sul perchè mi autocostringo a seguire un percorso di vita che non mi entusiasma e quali sarebbero i pro e contro di dare le dimissioni diciamo settimana prossima senza avere un lavoro di ripiego. Saresti più felice? chiede l'io esterno - Ecchenesò, risponde l'io lobotomizzato sulla sedia, però mi sentirei più libera. Quindi probabilmente più felice - sentenziano all'unisono.

Dopo questi siparietti, vengo distratta e l'io esterno ritorna al suo posto. C'è una riunione con l'AD e con tutta la divisione. Sono questi i momenti topici in cui mi dico che io così non potrò diventarlo mai, e che mi fanno una tristezza, 'ste persone. Però finchè ci sono dentro mi faccio un pò tristezza anche io. Oggi perlomeno sì.


Ah, molto importante. Nelle mie peregrinazioni internettiane sono approdata al sito Hunch.com.
Gli ideatori di questo sito non sanno ancora che li tempesterò di domande.

Al seggio numero 11 c'erano più o meno sempre le stesse persone dal 1999, anno della mia prima elezione. Nonostante mi conoscessero, il rituale della votazione era seguito in modo solenne.

Consegnavo la scheda elettorale, e loro leggevano i miei dati ad alta voce, una tizia li trascriveva, poi il presidente del seggio mi consegnava schede e matita.

Dopo il voto, il presidente, sempre solennemente, diceva a voce alta: Alice ha votato!
Mi ci figuravo anche un mezzo applauso.

Insomma, più o meno andava così.
E uscivo contenta a felice di aver adempiuto al mio diritto dovere.

Oggi ho una scheda elettorale nuova e il mio numero di seggio è il 923.
Che esagerati. Secondo me mica ci sono davvero tutti sti seggi. Novecentoventirè.

Nessuno mi conosce, al 923. I due che esaminano i miei documenti trascrivono il cognome e spero non abbiano sbagliato l'accento. La tizia mi chiede se ho cambiasto residenza: essì, genietto, ho una scheda elettorale con un indirizzo di residenza diverso da quello della carta d'identità. E sono iscritta nelle liste di questo seggio 923. Ne deduci che...? E no, non ce l'ho il foglio di cambio di residenza. Ma perchè, lo dovevo portare? Sarebbe stato meglio, ah. Boh.

Riesco comunque a farmi dare le schede e a votare. Infilo i miei voti negli scatoloni e una tizia tarchiata e ossigenata che sta mangiando qualcosa mi rende i documenti, sputacchiando qua e là e dicendo, a voce bassa, Alice ha votato.
Senza punto esclamativo. E va bè.

Tornando a casa mano nella mano, riflettiamo su quanto siamo statai recidivi anche stavolta. Imperterriti nel nostro voto, mica troppo fiduciosi. Mentre ne parliamo lui ogni tanto si ferma a strappare dai pali della luce gli adesivi della Lega. Ha deciso che si occuperà, nel suo piccolo, di fare pulizia. Pulisce tutta la via, in effetti.

Poi, un flash. Mi viene in mente che oltre a votare al 923 e ad avere una scheda elettorale nuova, è pure la prima volta che noi due votiamo nello stesso seggio.

Al che lui mi dice una cosa che vale tutta la giornata.
Ed è bello.

Amore, prima di partire ho lasciato la casa un pò in disordine, mi perdoni? E' che stavo per perdere il treno... - dice lui.

Ciò vuol dire che torno a casa dopo una dura (?) giornata di lavoro e appena apro la porta mi trovo tra i piedi una bottiglia d'acqua senza tappo. Ah, è quella che lui usa per riempire il ferro. Subito il mio sguardo corre alla presa elettrica: il ferro è staccato, fiuu!
Poggio la borsa sull'asse da stiro, dopo aver spostato fogli vari, scatole di vitamine vuote, un'agendina, qualche penna, qualcosa che sembra una calcolatrice ma sicuramente non lo è.. Capito, è il contenuto del suo zaino. A terra, a fianco al divano, una delle mie borse.
Nel tragitto ingresso-camera (metri 2,5) trovo ancora, nell'ordine: una camicia sulla spalliera del divano, una scarpa solitaria sotto la libreria, sul pavimento la scheda di morte di una vecchietta novantenne mancata a causa di una broncopneumopatia cronico ostruttiva, altre due paia di scarpe vicino alla scarpiera, un secchio pieno d'acqua di fronte alla porta del bagno.
In camera gli armadi hanno le ante spalancate. Me lo immagino mentre tira giù la valigia dal ripiano alto e poi stacca dalle grucce camicie a caso: una parte le ha stirate e portate via con sè, le altre sono sul letto. Tra le lenzuola trovo una ricevuta della lavanderia.

La casa è solo un pò in disordine. Ho tre giorni per rimetterla a nuovo. La deadline è venerdì sera, quando i miei varcheranno la porta di casa. Tre giorni che mi vedranno procrastinare fino all'ultimo questo buon proposito, e dormire sonni disturbati la notte. Non ci riesco mica più a dormire bene da sola.

C'è rumore di risucchio di gelato. Pace. Ogni tanto ci sono questi attimi di quiete estiva qui dentro che sembra quasi siamo qui perchè ci piace. Quasi.
[Quante q in questa frase]

Mi piace Milano a primavera inoltrata. Ha il suo perchè, anche se le manca il mare. Ma forse mi faccio solo condizionare dal sole. Intanto il balcone della signora di fronte alla mia finestra è più fiorito che mai. Ogni tanto la guardo mentre, coi bigodini tra i capelli, dà acqua ai fiori. Poi sparisce di nuovo dietro le tende. Fine del carosello.

La nuova studentessa d'italiano mi dà grandi soddisfazioni. E' qui da un mese, ha 20 anni e quando vuol dire di sì fa ciondolare la testa in un modo particolare, in senso circolare. Quando non capisce quello che P. le spiega mi guarda di sbieco con le sopracciglia aggrottate, in attesa che le faccia una traduzione simultanea in inglese. Cerco di farne il meno possibile, in modo che si sforzi di più. Mi viene da pensare come passi il resto della sua settimana una ragazzina sradicata dal suo paese, che vive con la mamma e una signora anziana, a Milano. Cercherò di capirlo, settimana prossima.

Ora mi è venuta una voglia smodata di culurgiones.

Dipende dai punti di vista.

Un anno è niente, visto che in 12 mesi ancora non ho imparato a dire NO quando serve e continuo a contribuire al loro fare business senza averne interesse. Gli aspetti migliori di questo weekend di lavoro - rinominato anche siamotuttifelicidilavorareingieffcacca sono stati:

- l'open bar del venerdì sera e la barista incazzata perchè facevamo da noi
- il dopo cena di sabato sera, con la fontana di cioccolato, bicchieri di Franciacorta a go-go e manuale estemporaneo dei 10modiperdimettersidagieffcacca
- scegliere il bivio sbagliato perchè abbiamo letto male la cartina topografica, affrontare una salita fangosa sotto il sole cocente e poi dover tornare indietro. E' stato divertente, sì.
- vedere la capa tornare dall'attività outdoor con i mocassini definitivamente rovinati. Perchè lei NON poteva usare delle scarpe da ginnastica per arrampicarsi tra i boschi.
- fare la doccia dopo l'orienteering e prendere il fresco sulla terrazza vista lago.
- il team building: che fanculo al profitto, ma tra noi siamo stati bene

[Per il resto, MAI PIU'.]

Un anno è troppo, quando ti rendi conto che 12 mesi sembrano aver cambiato tutto, senza soluzione di ritorno. Persone, situazioni, sentimenti. Capita. Ma quando succede, quelle volte, me ne rendo conto sempre per ultima. Che stupida.

Nel caso fosse troppo difficile tornare a vivere, un giorno, in una città di mare, mi pongo un obiettivo più semplice.
Ho bisogno di una città che sia attraversata da un fiume grande e che di conseguenza sia rigata da grandi ponti da attraversare e grandi marciapiedi su cui camminare.
Ho bisogno di un posto così, dove si respira davvero.
Ora non dico che voglio andare a vivere a Dresda, che, pure lei, ha queste caratteristiche.
Ho solo avuto l'ennesima conferma che nella mia città ideale questi elementi devono essere presenti.

Poi. A me la Germania piace. Non l'avrei mai detto tempo fa [così come non avrei detto che mi sarei affezionata a Milano]. I tedeschi saranno pure rigidi e impostati e bla bla bla però vivono in gran belle città, sono civili e a loro modo si godono la vita. Già il fatto che la domenica pomeriggio a Dresda i locali siano tuti aperti e la gente beva i cocktail sui divanetti di vimini sotto gli ombrelloni mi ha fatto porre questa domanda: perchè a Milano no?

E poi ai matrimoni per tradizione la prima cosa da fare è il taglio della torta. E abbuffarsi al buffet di dolci. E poi dopo un paio d'ora iniziare a mangiare e bere davvero, con tutte le robine tedesche, i crauti, gli involtini di manzo, le zuppe d'asparagi e la birra buona. Comunque la vera tradizione è il taglio della torta prima di tutto. Sono d'accordo. E la fede la mettono all'anulare destro anzichè al sinistro.

Ieri mattina sono tornata a Milano, e il fatto di avere un giorno di ferie mi ha aiutato a riprendermi dal solito choc post viaggio. Cioè da quella nostalgia per il posto che ho lasciato. Come mi succede quando visito una città con un grande fiume che la attraversa [c'era pure il traghetto che faceva ciuuf ciuuf e chissà perchè quando l'ho visto e sentito ho pensato a Love Boat].

C'era un tempo in cui avevo voglia di pensare.
E mi affollavo la testa di progetti.

C'avevo certe persone in testa anche se non avrei voluto.

Ora i discorsi profondi si fanno di fronte alla macchinetta del caffé.
Stiamo lì a sbuffare e a dirci che sarebbe bello fare altro, sì, ma cosa?

Un tempo lo schermo del mio cellulare brillava molto di frequente.
E mi divertivo a leggere quelle letterine digitali.

Ora il tempo non passa proprio più, e hanno ragione i miei quando dicono che non mi va mai bene niente.

Come ho detto ieri alla signora occhialuta con cui ho affrontato il primo colloquio di lavoro dopo un anno e più di stasi, mi annoio molto in fretta.

E sto diventando monotematica. Che odiosa.


O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d’affanno
Quasi libera vai;
Ch’ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perchè giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,
Tu se’ queta e contenta;
E gran parte dell’anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra,
E un fastidio m’ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
A bell’agio, ozioso,
S’appaga ogni animale;
Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?

G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia
Ciao a tutti, mi chiamo Alice e sono qui stasera perchè anche io sono un'annoiata cronica.
Non l'ho ancora capito, davvero, come si faccia ad accontentarsi di quello che si fa. Soprattutto se quello che si fa è uguale a se stesso ogni singolo giorno. E non suscita così tanto interesse. C'è lo stress, sì, che può colorare la giornata, una scadenza imminente, una shampata del capo, una pausa pranzo particolare con le colleghe. Ma quando torno a casa e faccio il breve resoconto della mia giornata, mi chiedo: ma che ho fatto di utile per me stessa, oggi?
Allora, mi dicono, devono solo aspettare il mio equilibrio, che mi consentirà di essere contenta.
Ma pià ci penso più mi sembra così tremendamente difficile trovare la strada giusta.

Insoddisfazione primaverile. Che mi prende mentre sono in tram, ad esempio. Mista a nostalgia. Aprile dell'anno scorso era stato bello anche se complicato. Ora c'ho l'equilibrio. Tutto ok, no?

Ho fotografato i tre salti della Cascata, martedi mattina, prima di tornare a Milano. Era bello, e mi sono arrampicata su per metà monte per vedere tutto dall'alto. Mi sento sempre molto Heidi, quando sono a Casa. I miei piedi hanno la presa da stambecco. Saranno i geni, boh. L'importante è non scivolare giù.

Era il mio diciassettesimo compleanno, 4 Agosto 1999, e il mio - a quel tempo migliore amico - mi regalò una raccolta di De Gregori. Avevamo visto un suo concerto poche settimane prima, stesi sul prato del campo sportivo e poi avevamo chiacchierato nella piazza vicino a casa fin quasi all'alba, tutti insieme, il solito gruppo.

Ogni volta che ascolto De Gregori mi viene in mente quella notte lì e il pomeriggio del mio compleanno. Pochi giorni prima che la mia vita prendesse la svolta inaspettata.

Chissà perchè le canzoni che mi piacciono di più sono quelle che parlano di amori complicati. O finiti. Niente da capire o Rimmel. Il fatto è che mi immedesimo troppo anche nelle storie degli altri.

E' troppo tempo amore che noi giochiamo a scacchi
mi dicono che stai vincendo e ridono da matti
ma io non lo sapevo che era una partita
posso dartela vinta e tenermi la mia vita
però se un giorno tornerai da queste parti
riportami i miei occhi e il mio fucile


Quando sto da sola a casa mi perdo nel passato, e tutto diventa nostalgia.
Niente male, in fondo. Ogni tanto.



Ho spento la tv - non ho per niente voglia di vedere gli speciali e gli sciacalli in diretta dai paesi distrutti

Ormai clicco su "Invia il tuo CV" in modalità random, e sì che lo so che non è questo il modo migliore per trovare qualcosa di interessante. Mi faccio accecare dalla vglia di cambiare e di lasciare tutti con un palmo di naso andando via.
Mi ripeto che non è certo bello che la proprio vita ruoti tutta intorno al pensiero del lavoro. E' il lavoro che mi fa incazzare, che mi fa tornare a casa con un diavolo per capello, che mi dà le grandi delusioni, che mi mette ansia, che si insinua nella mia vita privata. Sono io, sia chiaro, che glielo permetto.
L'altra sera mi è venuta in mente una puntata di Friends, la prima della terza serie: The One with the Princess Leila Fantasy. Sto messa proprio male se faccio certe associazioni di idee. Intanto un test su Facebook mi ha rivelato che il lavoro della mia vita doveva essere la Barista. Lo sapevo. E infatti deve essere questo il tarlo che mi rode.

Fino a quando si ha tempo per cambiare vita?

Questo nuovo orario mi frega. Arrivano le sei che non ci faccio caso ed esco tardi dal lavoro. Non va mica bene. Cosa facciamo stasera? Cosa mangiamo per cena? Guardiamo un film? E quale? Il risotto ai frutti di mare non mi piace anche se si sta spargendo un buon profumo per casa. Ne fai un pò anche per me? Quand'è che parti? E' colpa tua se non ci sono più voli, dovevi pensarci prima a fare il biglietto. Che noia. Piove. Viviamo in una città di merda. Perchè i nostri amici sono lontani? Ho mandato di nuovo il CV a quell'azienda lì. Che hai da ridire a proposito?

[Sono una gran rompiballe]

E dire che sono sempre stata più propensa a scrivere sul blog nei momenti negativi piuttosto che in quelli positivi. Stavolta invece faccio proprio fatica. Non riesco a sfogare il pessimismo qua dentro. Magari è perchè ci sono tante cose che ancora non ho realizzato, o forse sto davvero diventando così cinica come dicono?
E' stata una settimana pesante e che ho raccontato per metà a chi mi sta intorno.
L'altra metà rimane nel filo del telefono.
C'è stata poi, improvvisa anche questa, la richiesta di ospitalità della sorella separata alla nascita. Finora avevamo vissuto praticamente le stesse cose, le stesse tappe e le stesse confusioni. Poi ieri, la deviazione di percorso. Come una storia può cambiare in una sera, e come sembra difficile fare in modo che tutto torni come prima.
Come si fa?
Mi sembra di guarda tutto questo da lontano, di leggere un libro e di partecipare emotivamente alle peripezie dei protagonisti. Perchè mica ci voglio ancora credere che le persone a cui vuoi bene possano deluderti così tanto.

Ho buttato i broccoli in pentola. Erano congelati. Almeno non si sono ammuffiti, visto che giacevano sul fondo del frigo da non mi ricordo quanto. Li avrei cucinati durante il weekend ma poi sono tornata a Casa. Ho pure preso un pomeriggio libero, per prendere l'aereo presto e atterrare in terra Sarda prima del tramonto, venerdì. Bello. Durato poco, ovviamente. Arrivo: nei primi dieci minuti di viaggio verso Casa mio padre già riesce a darmi delle illuminazioni che rischiarano il mio percorso verso un futuro migliore (e come piace a me). Mi piacciono le idee di mio padre. Cena fuori, in un ristorante buonisssssimo, che è sempre vuoto perchè i miei compaesani non capiscono nulla e affollano solo le pizzerie fighette. Stolti. Foto di famiglia, solo noi cinque, che era da tanto che non ne facevamo. Il resto è stato un rincorrersi di appuntamenti, spese, incontri, cene, dopo cene, giri a vuoto con la Focus solo per godere del sole pomeridiano, pranzi, prati e montagne, dolci dolci dolci. Nostalgia. Già prima di andare via, i soliti pensieri malvagi hanno iniziato a salire a galla. Si riassumono nella già sentita frase "Ma chi me l'ha fatto fare?", detta anche "Qui sembra tutto così semplice, perchè ho scelto la via complicata?". Mi sono anche guardata intorno, sabato sera, e un pò mi sono risposta da sola. So perchè l'ho fatto e so cosa mi piace della vita che faccio ora.
Ma quanto ci vuole a eliminare le cose che fanno rimpiangere Casa?

E fu così che dopo un anno ritrovai la mia vecchia chiavetta USB e con lei il mio CV.
Rinominato CV 2009.
Eccolo qua, aperto sullo schermo, pronto per essere aggiornato. E poi inviato. Con tante speranze, anche se questo sembra proprio il periodo meno adatto. Ma già l'idea di utilizzare il weekend per iniziare la ricerca di un nuovo lavoro mi ha fatto affrontare un pò meglio l'ennesima giornata infinita.

Grazie al ragazzo alla cassa del Simply Market, che mi ha fatto ridere nonostante mi si leggesse in faccia lo stato d'animo sotto i tacchi. E a mia mamma che c'ha provato in tutti i modi, anche se alla fine le ho chiuso il telefono in faccia. E a Robi che appena varcata la soglia di casa è venuto ad abbracciarmi senza il bisogno che gli dicessi di avere il morale a terra. E' stato un pomeriggio di merda. Un altro in coda a tanti altri.
La mia capa si sta prendendo tanti di quei frastimmi ultimamente...
E non mi serve a niente pensare che è pazza e frustrata. Non riesco a farmi scivolare addosso le accuse di non-comprensione e non-efficienza quando è da un anno che mi faccio un culo così ogni santo giorno per accontentare ogni sua richiesta dell'ultimo minuto. Godrei da morire a vedere la sua faccia se solo domani avessi il coraggio di entrare nel suo ufficio e dirle "beh, io da lunedì non verrò più a lavoro, DO' LE DIMISSIONI".

Dò le dimissioni. Che bella frase.

Ero in tram e guardavo la gente. Solo movimenti labiali, occhi stanchi, sguardi persi fuori dal finestrino. Nell'iPod è partita la Nona Sinfonia di Beethoven - Scherzo, che non mi ricordavo nemmeno di avere. Stranamente azzeccata, nonostante all'inizio mi sia sembrata una presa per il culo da parte della funzione shuffle del mio marchingegno fuxia.

E poi ho incontrato anche oggi il mio dirimpettaio che rientrava a casa dal lavoro. Gli ho detto "Sembra che abbiamo gli stessi orari", giusto per spezzare il ghiaccio dei 6 piani di ascensore. E lui con un sorriso accennato mi ha risposto timidamente "Sembra di sì, eppure oggi sono anche un pò in anticipo". Poi mi ha parlato della neve, ma appena ha potuto è scappato dentro casa. Vive ancora con i genitori, e a occhio e croce ha quasi una cinquantina d'anni. Mi fa un pò tenerezza.

Stamattina mentre smanettavo su Excel con un file infinito, mi è venuto in mente - chissà per quale associazione di idee - che mi son sempre piaciuti un sacco i ragazzi timidi. Le mie amiche andavano dietro ai fighi irraggiungibili, quelli di terza liceo con lo sguardo vissuto, o il tizio misterioso che arrivava da Cagliari con l'autobus delle 13.30. Io invece mi infatuavo di certi Giuseppi che se ne stavano seduti sul muretto della fermata dell'autobus a guardarsi i piedi, con la musica alle orecchie, persi nel loro mondo. O di Filippi sbarbatelli e mingherlini con i capelli sugli occhi che mi disegnavano le S degli Scorpions sul diario o sulla mano. Giusto per citare i due più rappresentativi della serie.
Lo dicevo io che mentre lavoro penso troppo. E' perchè faccio troppi lavori ripetitivi. Dovrei dirlo alla mia capa. Non mi può dare lavori infiniti che mi fanno staccare i neuroni del ragionamento intelligente e che mi attivano la modalità salvaschermo. Finisce che mi fluttuano davanti Giuseppi Filippi e vattelapesca del passato, e poi mi devo dare uno scossone per ricordarmi che sono in ufficio e qualcuno mi sta chiedendo qualcosa.

Le pennette alla bottarga le mangio a cena.

Facciamo una lista.

Osservazioni sparse sul mio lavoro:

- lavorare sempre e solo davanti a un pc mi lascia anche troppo tempo per stare zitta e perdermi nei miei pensieri.

- sto troppo zitta, anche quando dovrei parlare, se no rischierei di emettere sonori vaffanculo.

- a volte quando parlo poi mi morsico la lingua. Mi dimentico che sono in ufficio, cacchio, e quello è il capetto ergo, colleghe della pausa pranzo a parte, non sto in mezzo ad amici.

- se faccio del mio meglio per risolvere un problema in tempi ragionevoli o per sbrigare un lavoro al più presto, c'è sempre l'errore dietro. Non va mai bene al primo colpo.

- la pausa pranzo in centro è la cosa più bella che c'è, quando si lavora. Peccato che duri solo un'ora.

- le mie colleghe sono adorabili.

- le mie colleghe sono pericolose. Perchè condividiamo gli stessi pensieri, e farsi forza così ti rende ancora più incline ai vaffanculo di cui sopra.

- la mia collega A mi assomiglia troppo. Non va bene, perchè in pausa pranzo escogitiamo piani di fuga e modalità di realizzazione dei sogni che poi mi fanno stare incollata al pc per cercare informazioni su come rendere tutto concreto.

- sto per raggiungere il livello Master Zen. Anche mia mamma se n'è accorta per telefono, stupita perchè non mi lamento più come una volta. Mi si legge nella voce questo senso di rassegnazione-superiorità-menefreghismo-fanculo a tutti.


Ho molta nostalgia di casa. In questi giorni c'ho questa immagine fissa del divano vicino al camino, dei miei genitori che correggono i compiti, del vento fuori dalla finestra, della calma del pomeriggio. Mi chiedo davvero ... beh, meglio se non me lo chiedo.

Manco stasera sono andata in palestra. Lo scrivo, nero su bianco, così mi farò male ogni volta che lo rileggerò. Però c'ho ancora un pò di raffreddore, eh.

Non sono gli stivali rasoterra, non sono i cappotti anni Settanta nè i saldi da Zara.
Quello a cui proprio NON posso resistere, che mi fa sentire il richiamo suadente del Bancomat infilato nella prima tasca del portafogli, è lo scaffale di una libreria.
Da una libreria non riesco praticamente mai ad uscire a mani vuote. Non ci riuscivo quando ero una studentessa squattrinata, tantomeno ci riesco ora che ho qualche soldo da parte.

Il richiamo di oggi proveniva dal reparto Libri in Lingua Originale [abilissimo tentatore, mi conosce bene].

Sono tornata a casa con La casa de los espiritus di Isabel Allende [uno dei miei preferiti, letto in italiano] e Memoria de mis putas tristes di Marquez.

D'altronde la letteratura sud americana è sempre stata fedele alleata delle mie fughe.
Quasi quasi dimenticavo che domani è lunedi.

Qualche giorno fa è arrivo un pacco dalla Sardegna.
L'abbiamo trovato sul pianerottolo, ché quando arrivano i pacchi non siamo mai a casa.
Dentro c'erano, in ordine stratificato:
- una lettera di mia mamma con un cuore disegnato sulla prima pagina
- il vestito della laurea. "Magari con il bel tempo lo metti", dice la lettera
- un quarto di pecorino salato
- un quinto di caciotta
- un barattolo di crema al pecorino
- una scatola di ferrero rocher
- una stecca di torrone sardo
- cioccolatini sparsi sfusi
- una tovaglia rossa con stampa ipnotizzante
- un paio di lenzuola celesti
- un nuovo piumone
mancava solo la bicicletta con il cambio shimano.

Lo scatolone vuoto è ancora lì dove lo abbiamo scoperchiato, come due bambini sotto l'albero di Natale. Magari è il caso che lo buttiamo, le feste sono finite da un pò.
Ma oggi sono malata, e non posso prendere freddo andando in cortile a riciclare lo scatolone. Aspetterò che torni il dottore stasera. Intanto vorrei capire che senso ha stare a casa per un giorno perchè il raffreddore sta per ucciderti, e poi dover comunque uscire per andare a procurarsi il certificato medico. Un giorno di riposo per malattia si traduce in un giorno di full immersion nel mondo della geriatria italiana. Il medico inizia a ricevere alle 10, e io puntuale alle 10 arrivo in sala d'attesa. Una sfilza di nonnini e nonnine è schierata all'altra estremità della stanza. Dovrebbero essere vittime degli acciacchi dell'età, invece sono lì tutti pimpanti a fare un casino insopportabile. Mariti che litigano con le mogli, quasi-ottantenni che cercano di estrarre dalla borsa un cellulare che suona da un minuto emettendo musica dance sparata a tutto volume, altri che mi guardano compatendomi perchè - già, chissà che ci faccio qui - non ho un bell'aspetto e smoccio in continuazione. Riesco a liberarmi dopo 2 ore di lettura completa dell'ultimo numero dell'Espresso, che se ne stava lì solitario in mezzo a tette e facce siliconate da rotocalco. Per comnpletare il quadro di ragazza con l'influenza, per pranzo ho mangiato un piatto di riso in bianco col burro.

Certe cose si ripetono sempre uguali.

Dal lettone arriva un leggero russare. Anche io avrei già molto sonno. Un lungo lunedì, dopo un lungo weekend. In realtà avrei dovuto riposarmi un pò di più, invece no, ma è stato bello così. [Noticina da evidenziare con l'evidenziatore fucsia, il mio preferito: meglio non bere più Cointreau per un bel pò] Avendo dormito poco questo pomeriggio ero in preda agli sbadigli anche durante la riunione con l'AD e le new entry dell'azienda. E' difficile dissimulare gli sbadigli di fronte all'AD, però credo di essere stata brava. Ho detto cose sincere e combattuto anche contro la mia coscienza/buon senso per non dirne più del necessario. Infatti son stata troppo sintetica, ma come si dice, una parola è troppa...

Poi dicono che forse in Germania mi ci mandano comunque. Non ci credo fino a che non lo vedo. Nell'attesa ci sono in ballo anche l'organizzazione di una reunion Erasmus a fine febbraio e poi la salita a Dresda di maggio. Le compagnie low cost, questo mistero. Qual è il loro concetto di anticipare la prenotazione?
Qualunque esso sia, io sbaglio sempre, perchè spendo sempre un botto. Ma si pensava che forse la cosa più conveniente sarebbe salire in macchina. Ce la farebbe la nostra Punto Niente a inerpicarsi fino alla Sassonia? C'ho un pò di dubbi.
Cercasi quindi gente simpatica che ha una bella macchina e che voglia salire a Dresda nel ponte del Primo Maggio. Io devo andare a un matrimonio, però pare che Dresda sia molto bella, quindi conviene anche a chi non conosce sposi.