Sono una frana negli arrivederci. Ancora peggio negli addii. Mi commuovo subito, ecco. E mi viene una faccia che si vede lontano un miglio che ho voglia di piangere. Figurarsi quando si è tutti intorno al tavolo della colazione. Mi ingozzo di pane burro nutella, shiaffo tutto dentro la tazza di the – quella rossa con l’alce, che è sempre stata la mia preferita – poi afferro le rondelle di formaggio di capra e in men che non si dica ho finito tutto il rotolo. E sono solo le nove di mattina. Già per il solo fatto di metterci di nuovo piede, Strasburgo mi fa venire l’acquolina in bocca. Non mi stanco mai di mangiare, di assaggiare, spiluccare.

Aggiungiamoci la fame nervosa ed ecco spianata la strada per l’ingrasso pre-natalizio. Sgranocchiamo 3D bacon sul divano, mangiamo crepe uovo formaggio prosciutto, prepariamo quiches di tutti i tipi per il buffet di laurea, facciamo un giro al mercatino dei bredele e assaggiamo tutti i biscottini che ci presentano, entriamo nella pasticceria di fronte alla Cattedrale solo perché ci sono le commesse che offrono dolci a chiunque, beviamo la zuppa di legumi per strada e quando arriviamo a casa scaldiamo la tartine al pesto e formaggio fuso comprata nello chalet dei contadini che arrivano in città per Natale. Mangiamo. Riempiamo i freddi pomeriggi strasburghesi con bicchieri di the e poi succo e martini e poi bicchierino di buona vodka polacca, così sono pronta a sentire per l’ennesima volta l’esposizione delle 40 chart relative ai recenti studi sul cancro alla prostata e alla scoperta di non so quale proteina. Faccio sìssì con la testa, l’unica cosa che capisco sono le animazioni e gli istogrammi colorati, e butto un occhio al cronometro perché tutto questo deve finire in 45 minuti.

Ma continuo a sembrare angosciata e nostalgica. Mi dicono.

Suvvia.

E’ solo un’epoca che finisce. E’ solo un appartamento che viene abbandonato. E’ solo una città che rivedrai da un occhio completamente diverso quando ci ritornerai. E’ solo un punto di riferimento che svanisce. Perché le persone cambiano, si spostano, decidono, abbandonano, si dottorano e cercano lavoro e io in fondo sono proprio la prima ad essere andata via da qui.

Il viaggio in treno dopo il tramonto è pesante, perché non vedo le montagne, il villaggio di Annette, le bandiere della Svizzera che sventolano dagli chalet lungo le rotaie. Però i couchès du soleil alsaziani sono impagabili.

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