Ore ventitrè di una domenica sera, Aeroporto di Linate. Il volo ha recuperato il ritardo della partenza, ma dil nastro trasporta-bagagli non ha risputato la mia valigia arancione. Il tizio Meridiana dell'aeroporto di Elmas si è semplicemente dimenticato di etichettarla, quindi lei, figlia di nessuno, è rimasta in Terra Sarda. Beata lei, mi verrebbe da dire. Ma poi che ci fa tutta sola soletta nel deposito bagagli smarriti? Meglio che torni da me. E allora cara mia valigia arancione, torna, Chè io ti aspetto a braccia aperte!

Ore sette e cinquantasette di un lunedi mattina. Non riesco ad alzarmi dal divano. La storia della valigia persa ci ha fatto perdere un sacco di tempo e siamo tornati a casa a mezzanotte e mezza. Diomio che sonno. Mica ce la posso fare. Oltretutto piove. A V invece c'era il sole. E frescolino autunnale. E mi sono distesa sul prato del parco. Ho festeggiato il diciottesimo compleanno del fratellino e il mio regalo personalizzato gli è piaciuto un sacco. Ho cenato con i vecchi amici, viaggiato sul pandino verde, riso tanto che i muscoli del cranio mi facevano male. Sono salita con il Dottore in cima al monte, come facevamo sempre, nel nostro posto di riflessione: il punto da cui si sentono tutte le voci del paese, si domina metà Medio Campidano, si vede il fumo uscire contemporaneamente da tutti i caminetti delle case vecchie e quando c'è il cielo proprio pulito si vede pure la Sella del Diavolo del Poetto. C'era pure mia nonna, parecchie case più in basso, che stendeva i panni in terrazza.

Ecco.

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