Ero in tram e guardavo la gente. Solo movimenti labiali, occhi stanchi, sguardi persi fuori dal finestrino. Nell'iPod è partita la Nona Sinfonia di Beethoven - Scherzo, che non mi ricordavo nemmeno di avere. Stranamente azzeccata, nonostante all'inizio mi sia sembrata una presa per il culo da parte della funzione shuffle del mio marchingegno fuxia.

E poi ho incontrato anche oggi il mio dirimpettaio che rientrava a casa dal lavoro. Gli ho detto "Sembra che abbiamo gli stessi orari", giusto per spezzare il ghiaccio dei 6 piani di ascensore. E lui con un sorriso accennato mi ha risposto timidamente "Sembra di sì, eppure oggi sono anche un pò in anticipo". Poi mi ha parlato della neve, ma appena ha potuto è scappato dentro casa. Vive ancora con i genitori, e a occhio e croce ha quasi una cinquantina d'anni. Mi fa un pò tenerezza.

Stamattina mentre smanettavo su Excel con un file infinito, mi è venuto in mente - chissà per quale associazione di idee - che mi son sempre piaciuti un sacco i ragazzi timidi. Le mie amiche andavano dietro ai fighi irraggiungibili, quelli di terza liceo con lo sguardo vissuto, o il tizio misterioso che arrivava da Cagliari con l'autobus delle 13.30. Io invece mi infatuavo di certi Giuseppi che se ne stavano seduti sul muretto della fermata dell'autobus a guardarsi i piedi, con la musica alle orecchie, persi nel loro mondo. O di Filippi sbarbatelli e mingherlini con i capelli sugli occhi che mi disegnavano le S degli Scorpions sul diario o sulla mano. Giusto per citare i due più rappresentativi della serie.
Lo dicevo io che mentre lavoro penso troppo. E' perchè faccio troppi lavori ripetitivi. Dovrei dirlo alla mia capa. Non mi può dare lavori infiniti che mi fanno staccare i neuroni del ragionamento intelligente e che mi attivano la modalità salvaschermo. Finisce che mi fluttuano davanti Giuseppi Filippi e vattelapesca del passato, e poi mi devo dare uno scossone per ricordarmi che sono in ufficio e qualcuno mi sta chiedendo qualcosa.

Le pennette alla bottarga le mangio a cena.

Facciamo una lista.

Osservazioni sparse sul mio lavoro:

- lavorare sempre e solo davanti a un pc mi lascia anche troppo tempo per stare zitta e perdermi nei miei pensieri.

- sto troppo zitta, anche quando dovrei parlare, se no rischierei di emettere sonori vaffanculo.

- a volte quando parlo poi mi morsico la lingua. Mi dimentico che sono in ufficio, cacchio, e quello è il capetto ergo, colleghe della pausa pranzo a parte, non sto in mezzo ad amici.

- se faccio del mio meglio per risolvere un problema in tempi ragionevoli o per sbrigare un lavoro al più presto, c'è sempre l'errore dietro. Non va mai bene al primo colpo.

- la pausa pranzo in centro è la cosa più bella che c'è, quando si lavora. Peccato che duri solo un'ora.

- le mie colleghe sono adorabili.

- le mie colleghe sono pericolose. Perchè condividiamo gli stessi pensieri, e farsi forza così ti rende ancora più incline ai vaffanculo di cui sopra.

- la mia collega A mi assomiglia troppo. Non va bene, perchè in pausa pranzo escogitiamo piani di fuga e modalità di realizzazione dei sogni che poi mi fanno stare incollata al pc per cercare informazioni su come rendere tutto concreto.

- sto per raggiungere il livello Master Zen. Anche mia mamma se n'è accorta per telefono, stupita perchè non mi lamento più come una volta. Mi si legge nella voce questo senso di rassegnazione-superiorità-menefreghismo-fanculo a tutti.


Ho molta nostalgia di casa. In questi giorni c'ho questa immagine fissa del divano vicino al camino, dei miei genitori che correggono i compiti, del vento fuori dalla finestra, della calma del pomeriggio. Mi chiedo davvero ... beh, meglio se non me lo chiedo.

Manco stasera sono andata in palestra. Lo scrivo, nero su bianco, così mi farò male ogni volta che lo rileggerò. Però c'ho ancora un pò di raffreddore, eh.

Non sono gli stivali rasoterra, non sono i cappotti anni Settanta nè i saldi da Zara.
Quello a cui proprio NON posso resistere, che mi fa sentire il richiamo suadente del Bancomat infilato nella prima tasca del portafogli, è lo scaffale di una libreria.
Da una libreria non riesco praticamente mai ad uscire a mani vuote. Non ci riuscivo quando ero una studentessa squattrinata, tantomeno ci riesco ora che ho qualche soldo da parte.

Il richiamo di oggi proveniva dal reparto Libri in Lingua Originale [abilissimo tentatore, mi conosce bene].

Sono tornata a casa con La casa de los espiritus di Isabel Allende [uno dei miei preferiti, letto in italiano] e Memoria de mis putas tristes di Marquez.

D'altronde la letteratura sud americana è sempre stata fedele alleata delle mie fughe.
Quasi quasi dimenticavo che domani è lunedi.

Qualche giorno fa è arrivo un pacco dalla Sardegna.
L'abbiamo trovato sul pianerottolo, ché quando arrivano i pacchi non siamo mai a casa.
Dentro c'erano, in ordine stratificato:
- una lettera di mia mamma con un cuore disegnato sulla prima pagina
- il vestito della laurea. "Magari con il bel tempo lo metti", dice la lettera
- un quarto di pecorino salato
- un quinto di caciotta
- un barattolo di crema al pecorino
- una scatola di ferrero rocher
- una stecca di torrone sardo
- cioccolatini sparsi sfusi
- una tovaglia rossa con stampa ipnotizzante
- un paio di lenzuola celesti
- un nuovo piumone
mancava solo la bicicletta con il cambio shimano.

Lo scatolone vuoto è ancora lì dove lo abbiamo scoperchiato, come due bambini sotto l'albero di Natale. Magari è il caso che lo buttiamo, le feste sono finite da un pò.
Ma oggi sono malata, e non posso prendere freddo andando in cortile a riciclare lo scatolone. Aspetterò che torni il dottore stasera. Intanto vorrei capire che senso ha stare a casa per un giorno perchè il raffreddore sta per ucciderti, e poi dover comunque uscire per andare a procurarsi il certificato medico. Un giorno di riposo per malattia si traduce in un giorno di full immersion nel mondo della geriatria italiana. Il medico inizia a ricevere alle 10, e io puntuale alle 10 arrivo in sala d'attesa. Una sfilza di nonnini e nonnine è schierata all'altra estremità della stanza. Dovrebbero essere vittime degli acciacchi dell'età, invece sono lì tutti pimpanti a fare un casino insopportabile. Mariti che litigano con le mogli, quasi-ottantenni che cercano di estrarre dalla borsa un cellulare che suona da un minuto emettendo musica dance sparata a tutto volume, altri che mi guardano compatendomi perchè - già, chissà che ci faccio qui - non ho un bell'aspetto e smoccio in continuazione. Riesco a liberarmi dopo 2 ore di lettura completa dell'ultimo numero dell'Espresso, che se ne stava lì solitario in mezzo a tette e facce siliconate da rotocalco. Per comnpletare il quadro di ragazza con l'influenza, per pranzo ho mangiato un piatto di riso in bianco col burro.

Certe cose si ripetono sempre uguali.

Dal lettone arriva un leggero russare. Anche io avrei già molto sonno. Un lungo lunedì, dopo un lungo weekend. In realtà avrei dovuto riposarmi un pò di più, invece no, ma è stato bello così. [Noticina da evidenziare con l'evidenziatore fucsia, il mio preferito: meglio non bere più Cointreau per un bel pò] Avendo dormito poco questo pomeriggio ero in preda agli sbadigli anche durante la riunione con l'AD e le new entry dell'azienda. E' difficile dissimulare gli sbadigli di fronte all'AD, però credo di essere stata brava. Ho detto cose sincere e combattuto anche contro la mia coscienza/buon senso per non dirne più del necessario. Infatti son stata troppo sintetica, ma come si dice, una parola è troppa...

Poi dicono che forse in Germania mi ci mandano comunque. Non ci credo fino a che non lo vedo. Nell'attesa ci sono in ballo anche l'organizzazione di una reunion Erasmus a fine febbraio e poi la salita a Dresda di maggio. Le compagnie low cost, questo mistero. Qual è il loro concetto di anticipare la prenotazione?
Qualunque esso sia, io sbaglio sempre, perchè spendo sempre un botto. Ma si pensava che forse la cosa più conveniente sarebbe salire in macchina. Ce la farebbe la nostra Punto Niente a inerpicarsi fino alla Sassonia? C'ho un pò di dubbi.
Cercasi quindi gente simpatica che ha una bella macchina e che voglia salire a Dresda nel ponte del Primo Maggio. Io devo andare a un matrimonio, però pare che Dresda sia molto bella, quindi conviene anche a chi non conosce sposi.

Il sapore buono della domenica mattina è quello che si assapora dopo colazione, distesi sul lettone a guardare Nuovo Cinema Paradiso, senza il coraggio di dire niente nè guardarsi in faccia per quasi tutta l'ultima ora del film [perchè ovviamente piangiamo entrambi].

Sto assaporando bene questi primi giorni del 2009. Mi sento pervasa da una lentezza rilassante, che mi porta a sorridere molto di più e a mettere in pratica alcuni dei buoni propositi che avevo stilato a Settembre 2008. Quindi, ad esempio, questo pomeriggio ho il primo incontro con il mio trainer in palestra. Io non amo le palestre. Mi mettono soggezione. Però quando prendo il ritmo mi ci adatto, e la conseguenza migliore è che mi guardo allo specchiuo senza che mi vengano delle mezze crisi isteriche. E poi conduco vita sedentaria da troppo tempo: considerando le 9 ore medie che passo sulla mia sedia in ufficio 5 giorni su 7, la mia schiena chiede pietà e i miei glutei pure. Li devo accontentare.

Di buoni propositi ne ho formulati anche di nuovi, ma ho deciso di non scriverli perchè in genere quando lo faccio mi porto sfiga da sola e finisce che non li metto in pratica. Molti di loro comunque riguardano le parole da eliminare gradualmente dal mio vocabolario quotidiano e certi atteggiamenti che hanno messo a dura prova la mia serenità duemilaottiana.

Ho anche approfittato incredibilmente dei saldi come credo di non aver mai fatto in vita mia. Lentezza rilassante, mi piace.

Ho avviato la terza lavatrice della giornata. Non so dove stenderò questo bucato, mi arrangerò in qualche modo.

E' la prima volta che passo l'Epifania da sola. Non sarebbe niente di drammatico se questa giornata non si portasse dietro tutta quella carica di malinconia data dall'essere l'ultimo giorno di vacanza. Me la sono cercata, ho fatto tante ferie, come quando andavo a scuola. E' ovvio che poi sia difficile ristabilire la solita routine.
Però, devo ammetterlo, questa Epifania solitaria è andata bene. Ha nevicato tutto il giorno. Ho fatto le foto in centro che in occasione delle altre nevicate milanesi non ero riuscita a fare. E questa è stata la più bella di tutte, in assoluto. Ho salvato e organizzato tutte le foto di questa vacanze, comprese le ultime del weekend a Barcellona.

E' stato un bel segno di rottura, questa nevicata: domenica mi crogiolavo sotto il sole in cima al Colle del Tibidabo, con il mare davanti, e oggi solo bianco e fiocchi di neve.

Barcellona è stupenda. E ha un che di familiare. Non direi esattamente che assomiglia a Cagliari, perchè non sarebbe vero, ma un pò mi ci fa pensare. In ogni caso questo non so che di conosciuto è anche il motivo per cui, per quanto bella, non mi ha fatto venire il magone del tipo oddio voglio venire a vivere qui. Come mi era successo a Lione, ad esempio. Come dopo ogni viaggio, comunque, ho un pizzico di nostalgia. C'è sempre poco tempo per apprezzare una città, e ognuna meriterebbe molta più attenzione.
Barcellona, tornerò.

Per ora cerco di ri-concentrarmi sul mio essere tornata a Milano. Sto leggendo l'Eleganza del Riccio. Nonostante una delle due protagoniste mi dia leggermente fastidio, trovo molto mie tutte le riflessioni che ho letto finora.
Sulla letteratura, il modo di osservare le persone, di improntare la propria vita.
Sono sull'orlo della boccia dei pesci, praticamente mi ci stanno spingendo dentro, ma continuo a boccheggiare per non entrarci del tutto.

In realtà temiamo il domani solo perchè non sappiamo costruire il presente, e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati, perchè domani finisce sempre per diventare oggi, non so se ho reso l'idea. [...] Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.